Alitosi, pseudoalitosi e alitofobia

L’alitosi, o foetor ex ore, è il termine utilizzato per indicare l’odore sgradevole che viene emesso dal cavo orale

L‘alitosi è una condizione abbastanza comune che interessa circa il 25% della popolazione, ma sono numerosi anche i pazienti che credono di soffrire di alito cattivo spesso sovrastimando l’entità del disturbo. Questi pazienti possono sviluppare sintomatologia psicopatologica di tipo ansioso o depressivo e vengono identificati con il termine di alitofobici.
L’alitosi, o foetor ex ore, è un termine utilizzato per indicare l’odore sgradevole che viene emesso dal cavo orale. L’alitosi è provocata dalla presenza nell’aria espirata di composti volatili che principalmente vengono prodotti nei processi biochimici putrefattivi operati da microrganismi sulle sostanze organiche proteiche. Le cause dell’alitosi sono orali in oltre l’89% dei casi. I fenomeni putrefattivi causali sono correlati alle attività metaboliche dei microrganismi dei biofilm sulle proteine presenti nel cavo orale: residui alimentari e cellulari e composti di derivazione serica o salivare. I prodotti maleodoranti causali sono principalmente i composti volatili solforati (VSC), con minor contributo delle poliammine e degli acidi grassi a catena corta.
Per poter definire e analizzare il problema è possibile registrare i valori di alitosi tramite alitometria strumentale (Oralchroma™).
In collaborazione con l’Ateneo Vita Salute San Raffaele, è stato effettuato uno studio su 45 soggetti, dei quali 21 presentatisi spontaneamente per effettuare una visita alitometrica e 24 per effettuare un altro tipo di visita presso l’Unità Clinica di Igiene e Prevenzione Orale del Centro di Diagnosi Orale DH dell’Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano. I dati sono stati correlati con i risultati del PSR, BOP e della patina linguale.
In cartella anamnestica è stato registrato un indice di riferimento denominato “autovalutazione”, che riguardava le sensazioni che si generavano nel paziente e si riferivano al tipo di ripercussioni che il problema poteva avere sulla sua vita sociale, affettiva, di relazione e di autostima. È stata utilizzata una scala VAS (Visual Analogue Scale) con indici compresi tra 0 e 10 (0 nessun disturbo, 6 accettabile, 10 disturbo non sopportabile). Questo dato ha permesso di suddividere il campione in due gruppi: potenzialmente “alitofobici” e “non alitofobici”. È stato inoltre sottoposto il questionario sintomatologico SCL-90 che ha permesso di fare considerazioni riguardanti i tratti psicologici dei pazienti.
In prima visita i soggetti venivano istruiti e motivati a una corretta igiene orale domiciliare e veniva somministrata, in modo randomizzato, una terapia: ad alcuni pazienti è stato prescritto un collutorio con clorexidina 0,20% e ad altri collutorio con enzimi. Le indicazioni prevedevano un utilizzo di 10 ml di prodotto due volte al giorno facendo sciacqui di un minuto e gargarismi di un minuto per una settimana. Questo ha permesso, durante la visita di controllo, di valutare eventuali cambiamenti del problema di alitosi.
La somma dei valori alitometrici, per quanto riguarda il gruppo sperimentale, è risultata pari a 57 (31-123), dato significativamente inferiore rispetto al gruppo di controllo [135 (103-208)]. Per quanto riguarda i valori derivanti dall’autovalutazione, al contrario, è risultato per il gruppo sperimentale un valore significativamente superiore a quello del gruppo di controllo [8 (8-9) vs 6 (5-7)].
Il dato relativo all’autovalutazione riguardante i soggetti potenzialmente “alitofobici”, nonostante i valori alitometrici abbiano mostrato risultati inferiori rispetto al gruppo “non alitofobici”, è risultato mediamente maggiore (p=0.001) rispetto a quest’ultimo campione (somma dei valori alitometrici dei soggetti potenzialmente alitofobici [31(27-57)] vs somma valori aitometrici dei soggetti non alitofobici [76 (36-131)].
Per quanto riguarda il test SCL-90 i soggetti “alitofobici”, facenti parte del campione sperimentale, hanno ottenuto un punteggio significativamente maggiore per quanto riguarda le dimensioni “ossessivo-compulsivo” (p=0.004), “sensibilità interpersonale” (p=0.002), “depressione” (p=0.046), “ansia” (p=0.020) e “ideazione paranoide” (p=0.012) rispetto ai soggetti dello stesso campione sperimentale ma che sono rientrati nella categoria “non alitofobici”.
Alla visita di controllo è risultato che i soggetti trattati con il collutorio con enzimi hanno mostrato valori alitometrici più elevati rispetto a quelli trattati con clorexidina 0.2%; il dato è supportato dal fatto che i valori alitometrici alla prima visita non erano differenti tra chi avesse ricevuto una terapia piuttosto che l’altra. Somma valori alitometrici alla prima visita: campione a cui è stato somministrato collutorio con enzimi [96 (57-182)] vs clorexidina 0,2% [115 (36-183)]. Somma valori alitometrici riguardanti gli stessi campioni alla visita di controllo: dopo terapia con collutorio con enzimi [100 (87-143)] vs clorexidina 0.2% [43 (26-72)] (p-value= 0.0003).
La patina linguale è risultata associata a un valore H2S e CH3SH, alla prima visita, molto elevato (H2S: 129 (84-323); CH3SH: 41 (27-66).
Un PSR positivo è risultato essere associato a un problema di alitosi [357 (169-875) vs 88 (36-133)], dei soggetti con PSR negativo (p=0.001), e sanguinamento [28 (12-30) vs 2 (1-6)], con PSR negativo, più elevato e statisticamente significativo (p=0.0003).
Questi dati ci permettono di effettuare alcune considerazioni interessanti, in quanto alla prima visita i valori alitometrici sono risultati minori nel gruppo sperimentale rispetto ai controlli, mentre l’autovalutazione ha presentato un trend opposto. I soggetti considerati potenzialmente alitofobici hanno presentato valori alitometrici inferiori rispetto al gruppo dei non alitofobici e al gruppo di controllo. I valori di autovalutazione dei soggetti alitofobici sono risultati molto elevati sia in prima visita che durante il follow-up. Questo campione ha presentato caratteristiche sintomatologiche che rientravano nella sfera ansiogena. Non da ultimo, si rileva che la terapia che si è rivelata più efficace è stata quella con clorexidina 0,2%.