L’approccio olistico al paziente

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Nonostante l’uso inflazionato e fuorviante che ne è stato fatto negli ultimi decenni, il termine “olistico” resta la definizione più appropriata per definire ai pazienti un “approccio globale alla salute”. La visione olistica considera il nostro organismo come uno e unico e come tale andrebbe curato. La medicina in generale, però, vista l’ampiezza e la complessità del nostro organismo, è stata suddivisa in piccole parti o branche specialistiche. Questo tipo di suddivisione ha portato enormi benefici al paziente, che può rivolgersi a medici specialisti in una determinata branca (chirurghi, ortopedici, ginecologi, neurologi, odontoiatri, cardiologi, radiologi,…) per ricevere una cura mirata nel modo più opportuno. Secondo questa concezione il corpo umano è visto come una macchina che, una volta compresiil suo funzionamento e dinamiche, si può aggiustare. L’applicazione di questo modello, definito biomedico, porta ad una focalizzazione specialistica, ad una visione tecnologica di organi e sintomi e trascura la visione d’insieme, gli aspetti psicologici, la dimensione umana. Non bisogna quindi perdere di vista il paziente nella sua interezza.
Il termine olismo proviene dal greco όλος, olos, che sta per “totalità”. L’olismo in medicina rappresenta uno stato di salute “globale”, l’unione di mente, corpo, ambiente e società. La ricerca della salute è orientata alla persona e non alla malattia, alla causa e non al sintomo, al sistema e non al singolo organo, al riequilibrio invece che alla cura, stimolando il naturale processo di autoguarigione del corpo. La salute globale non è vista come semplice assenza di malattia, ma un benessere globale di corpo e mente che porta al funzionamento ottimale di un individuo sotto ogni aspetto. Pertanto, quando si vuole curare una patologia, si devono prendere in considerazione tutti gli aspetti della vita del paziente, comprese le emozioni: la rabbia, lo stress o la tristezza, per esempio, sono sentimenti che consumano energia vitale e abbassano il numero di globuli bianchi, influenzando negativamente la risposta immunitaria.
Una visita “olistica” ha una durata minima di un’ora, ma può essere necessario molto più tempo per integrare tutte le informazioni e stabilire un piano di trattamento o una terapia adeguata.

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Cosa aspettarsi, in pratica, da una visita da parte di un igienista dentale o di un odontoiatra olistico? In primo luogo, si dà una grande importanza all’anamnesi, con un’accurata raccolta dei dati riguardanti lo stato di salute e di malattia del paziente per tutto l’arco della sua vita, senza trascurare le informazioni salienti per quanto concerne la famiglia e l’ambiente in cui vive. Si passa quindi all’esame dei denti e del cavo orale, senza ignorare la lingua, che ha una sua precisa topografia, per cui l’alterazione di certe sue zone può essere il segnale di patologie riguardanti altri organi. Anche l’osservazione del viso, secondo i principi della patofisiognomica, ha la sua importanza.
A questo punto si potrà stabilire se i disordini della bocca non siano un evento secondario a sofferenze di altri distretti dell’organismo, perché la salute non è uno stato fisso, ma un continuo bilanciamento delle diverse situazioni e condizioni interne ed esterne al nostro corpo. È grazie alla capacità di valutazione e di visione unitaria del terapeuta che si troveranno le giuste risposte alle varie circostanze.
L’igienista dentale non si limiterà ad eseguire un trattamento di prevenzione della carie o a curare una parodontopatia intraprendendo unicamente lo schema terapeutico indicato per la patologia riscontrata, ma si porrà una serie di domande. Dovrà interrogarsi sul “perché” si è sviluppata una carie su quel determinato dente e non su altri, “perché” i tessuti di sostegno di quel o quegli elementi dentari stanno soffrendo (a parità di microrganismi costituenti la flora batterica orale di quella persona), e via di seguito. Si chiederà anche quali sono le esigenze del paziente, cosa fa per la sua salute, che valore dà a suoi problemi e soprattutto cosa si aspetta dalla cura e cosa è disposto a fare. Bisognerà poi continuare chiedendosi quali strategie terapeutiche sono adatte a quel soggetto (le quali, almeno in parte, dipenderanno dalle risposte ai “perché” posti in precedenza). L’igienista si domanderà, inoltre, cosa può fare per ridurre la predisposizione del paziente ad ammalarsi nuovamente ed accrescere in lui la consapevolezza della malattia, in modo che sia in grado lui stesso di intercettare per tempo segni e sintomi che possono accendere un campanello d’allarme ed indurlo ad un cambiamento con più facilità.
Gli approcci educativi saranno rivolti non solo alle procedure di igiene orale domiciliare, ma anche all’ambito della nutrizione e dei modelli di vita. L’igienista che si vuole occupare di educazione alla salute deve saper rispondere ai bisogni dei pazienti e promuovere stili di vita sani che rappresentano l’arma più valida per combattere le malattie del cavo orale e favorire il benessere generale.
Dal punto di vista clinico, un elemento di fondamentale importanza è la relazione: l’igienista deve “calibrare” la comunicazione col paziente per entrare meglio in relazione con lui. Questo consente ai pazienti di aprirsi meglio al dialogo con il risultato che emergeranno informazioni anche molto intime e personali, che potranno essere utili al clinico. Bisogna prendersi cura del paziente nella sua globalità e per fare questo è necessario sviluppare una capacità di dialogo, ponendo al paziente le giuste domande, ma soprattutto una capacità di ascolto: egli offre importanti notizie sulle sue condizioni fisiche purché lo si sappia ascoltare con calma. Inoltre il paziente può fornire indispensabili informazioni se lo si osserva con attenzione: nel volto, nello sguardo, nei gesti, nella posizione del corpo, nella cura dell’abbigliamento, nel tono della voce. Il paziente, quindi, non rimane un soggetto passivo ma deve essere coinvolto in modo attivo e collaborativo nella gestione della malattia e terapia, fin dalla pianificazione del trattamento. Deve essere motivato continuamente al mantenimento di un’adeguata igiene orale e a uno stile di vita sano. Occorre supportarlo nello sforzo da lui compiuto riconoscendo i progressi ottenuti. Questo aumenta la sua compliance a terapie e regole comportamentali.
Trasferire il concetto di olismo in ambito odontoiatrico significa interpretare l’apparato stomatognatico (denti, parodonto, articolazione temporo-mandibolare, muscoli eccetera) come una sorta di specchio nel quale è riflesso lo stato di salute generale del soggetto.