Sbiancamento dentale in associazione all’utilizzo del laser

La tecnologia laser sta diventando sempre più parte integrante della clinica dell’igienista dentale.

Si tratta di una tecnologia relativamente giovane in questo ambito, il cui corretto utilizzo non prescinde dall’apprendimento di tecniche e nozioni specifiche necessarie a comprendere appieno il meccanismo d’azione e gli effetti peculiari di questi dispositivi, oltre ovviamente alle caratteristiche intrinseche della luce laser che, sommariamente, dipende principalmente dal tipo di lunghezza d’onda alla quale viene emessa.

Le tante prerogative del laser e la possibilità di utilizzarlo nell’ambito di diverse operatività ha gettato inoltre le basi per la nascita di un gruppo clinico all’interno del Dipartimento di Odontoiatria dell’Ospedale San Raffaele denominato “San Raffaele Laser Group”, il cui scopo è l’insegnamento dell’impiego del laser nella clinica sia dell’odontoiatra che dell’igienista, la ricerca sugli effetti del laser in associazione alle terapie convenzionali e la realizzazione, in partnership con aziende del settore, di dispositivi dotati di caratteristiche ad hoc per le esigenze dei clinici, sia odontoiatri che igienisti.

La tipologia di laser maggiormente utilizzata dall’igienista dentale è il laser a diodo, in una gamma di lunghezze d’onda che variano dai 645 ai 980 nm, le cui caratteristiche, sebbene non sia l’unico tipo di laser utilizzabile, lo rendono adatto all’impiego nella tasca parodontale quale adiuvante alle terapie convenzionali, per l’esecuzione di trattamenti di fotobiomodulazione (con effetti analgesici e adiuvanti la guarigione dei tessuti) e desensibilizzanti nei quadri di ipersensibilità dentale e per lo sbiancamento dentale professionale alla poltrona.

Quest’ultimo in particolare rappresenta attualmente una delle pratiche maggiormente effettuate dai professionisti che utilizzano il laser, in quanto, sebbene il risultato della seduta di sbiancamento professionale non sia dipendente dalle tecnologie utilizzate (per esempio attivazione a luce laser piuttosto che mediante apposite lampade), questa metodica consente di eseguire il trattamento in tempi relativamente veloci e in totale comfort per il paziente.

Inoltre, poiché l’attivazione del prodotto sbiancante viene effettuata, come di seguito illustrato, un dente alla volta, nei casi in cui lo sbiancamento si effettui su un numero ridotto di elementi dentali i tempi necessari possono ridursi ulteriormente a tutto vantaggio sia del paziente, che vede ridursi il tempo necessario alla poltrona, che al professionista, che in tal modo può rendere più produttive le sue ore di lavoro.

Ovviamente, al fine di poter massimizzare il risultato è necessario operare nel rispetto di un preciso protocollo clinico, ripetibile e di facile esecuzione che può rappresentare, per l’operatore meno esperto, il primo approccio alla tecnologia laser.

Protocollo di sbiancamento dentale professionale in associazione all’utilizzo del laser

Ancor prima di fare accomodare il paziente alla poltrona è necessario predisporre il laser allo sbiancamento, installando il manipolo corretto e selezionando nel dispositivo il programma dedicato (Fig. 1).

Prima di procedere allo sbiancamento tramite irraggiamento con la luce laser si deve selezionre l'apposito programma impostando il dispositivo.
FIG. 1 Prima di procedere allo sbiancamento tramite irraggiamento con la luce laser si deve selezionre l’apposito programma impostando il dispositivo.

Nel caso specifico di quanto viene eseguito presso il Centro di Igiene Orale e Prevenzione del Dipartimento di Odontoiatria dell’Ospedale San Raffaele di Milano, per l’esecuzione dello sbiancamento di entrambe le arcate si utilizza un laser a diodo a doppia lunghezza d’onda (645 nm – 980 nm) (DMT), messo a punto seguendo le indicazioni scaturite dall’esperienza clinica maturata dal “San Raffaele Laser Group”, che ha consentito di avere una macchina compatta e dotata della potenza necessaria per essere di ausilio sia alle procedure proprie della clinica dell’igienista dentale, sia a quelle di pertinenza odontoiatrica.

Facendo ricorso a questo dispositivo per il bleaching è necessario prima di tutto installare una fibra con terminale defocalizzato da 600 nm di diametro, munita di un terminale che consente di diffondere la luce laser, e quindi l’energia in essa contenuta, su tutta la superficie vestibolare del dente da trattare; il terminale, inoltre, deve presentare un apice distanziale lungo circa 1 cm, che consente di mantenere la fibra a una distanza costante dagli elementi dentali per tutta la durata della procedura.

Una volta montata la fibra, si seleziona lo specifico programma per lo sbiancamento, che imposterà la corretta potenza di emissione (2 watt) e la modalità di emissione (continua, nel caso dello sbiancamento) oltre che il timer che misurerà il tempo di erogazione, fissato nel caso di bleaching in 40 secondi per ciascun elemento dentario.

A questo punto è necessario verificare che siano disponibili nell’ambulatorio gli occhiali di protezione per tutti coloro che sono in quel momento presenti (operatori e paziente), in quanto questa classe di laser, in caso di occasionale irraggiamento di altre parti del corpo, può produrre seri danni specialmente alla retina.

Controllato che la macchina sia stata opportunamente preparata e i dispositivi di protezione siano disponibili, si può procedere a preparare il paziente alla procedura vera e propria.
Procedura di sbiancamento dentale laser-assistito

Clinicamente, prima di procedere allo sbiancamento professionale laser-assistito, occorre ottenere l’assenso da parte dell’odontoiatra alla procedura, previa sua valutazione delle condizioni orali e l’assenza di qualsivoglia causa ostativa all’esecuzione del trattamento.

Successivamente si procede a rilevare il colore di uno o più elementi dentali, al fine di determinare il “colore di partenza” del paziente, onde poter valutare l’efficacia del trattamento al termine della procedura.

Si ricorda, comunque, che attualmente il risultato finale non è predicibile e, pertanto, occorre rendere edotto il paziente su questo aspetto, così come è necessario fornire precise indicazioni su dieta e stili di vita (per esempio il fumo) nella fase dell’immediato post-trattamento, nonché su possibili complicazioni (per esempio ipersensibilità indotta dalla procedura), il tutto integrato in un completo e specifico consenso informato da far firmare al paziente prima dell’inizio delle manovre cliniche.

Per la definizione del colore di partenza è sempre consigliabile effettuare una foto dell’arcata dentaria, con affiancato il provino della scala colore scelta. Inoltre è consigliabile, per completezza documentale di tutta la procedura, riportare in cartella clinica il valore iniziale rilevato.

Sarà a questo punto possibile procedere alla preparazione del paziente alla procedura di sbiancamento vera e propria, ovvero al posizionamento di uno specifico apribocca e all’applicazione e polimerizzazione della diga liquida a protezione dei tessuti (Fig. 2).

Definizione del colore di partenza affiancando il provino della scala colore utilizzata (si consiglia di scattare una foto per il confronto finale e a corredo della cartella clinica) e applicazione della a diga liquida per proteggere i tessuti circostanti.
FIG. 2 Definizione del colore di partenza affiancando il provino della scala colore utilizzata (si consiglia di scattare una foto per il confronto finale e a corredo della cartella clinica) e applicazione della a diga liquida per proteggere i tessuti circostanti.

Terminata questa fase iniziale sarà possibile applicare il prodotto sbiancante sulla superficie vestibolare degli elementi da trattare, avendo cura di applicare su di essi uno strato dello spessore di circa 1 mm, a ricalcare per quanto possibile l’anatomia vestibolare di ogni elemento (Fig. 3).

Applicazione del prodotto sbiancante sulla superficie vestibolare dei denti da trattare.
FIG. 3 Applicazione del prodotto sbiancante sulla superficie vestibolare dei denti da trattare.

In questa fase risulta imperativo porre la massima attenzione a evitare che le mucose e i tessuti molli in genere entrino a contatto con il prodotto sbiancante, pena il prodursi di fastidiose e dolenti, sebbene transitorie, piccole ustioni chimiche che si manifesteranno come aree di tessuto di colore bianco.

La cui remissione avviene comunque spontaneamente dopo circa 30-60 minuti dall’insorgenza senza lasciare alcuna conseguenza sui tessuti colpiti.

A questo punto si è pronti per l’irraggiamento con la luce laser degli elementi dentari da trattare e, pertanto, tutti gli operatori presenti nell’ambulatorio e il paziente devono indossare gli appositi occhiali di protezione, facendo attenzione che siano efficaci sulle lunghezze d’onda di emissione del laser che si sta utilizzando (generalmente queste informazioni sono riportate sull’occhiale stesso).

Si sottolinea come debbano essere usati prodotti sbiancanti specificamente formulati per reagire alla luce laser, in quanto altre tipologie di prodotti potrebbero non essere recettivi a tale stimolazione e pertanto non avere efficacia.

Per questioni di sicurezza, all’esterno dell’ambulatorio dovrebbe essere predisposta una segnalazione con luce gialla che indica l’attività con laser, che deve essere attivata e mantenuta accesa sino al termine delle procedure.

La metodica di sbiancamento laser-assistito consente di eseguire il trattamento in tempi relativamente veloci e in totale comfort  per il paziente

Una volta operata l’adeguata messa in sicurezza del paziente e di tutti gli operatori presenti, si può iniziare la procedura, irraggiando ciascun dente con la luce laser, dirigendo il fascio per 40 secondi in senso perpendicolare alla superficie vestibolare dell’elemento, effettuando dei piccoli movimenti circolari del puntale, in modo da assicurarsi il completo irraggiamento di tutto il prodotto sbiancante presente sulla superficie del dente.

Per aiutare in questa fase a erogare la stessa quantità di luce/energia a ciascun dente, il laser è minuto di cronometro che interrompe l’erogazione allo scadere del tempo impostato.

L’erogazione deve avvenire “a denti alterni”, ovvero evitando l’irraggiamento di due denti consecutivi, secondo uno schema che convenzionalmente può essere definito secondo la numerazione canonica degli elementi dentali: 15, 13, 11, 22, 24, 14, 12, 21, 23, 25 e analogamente nell’ arcata inferiore.

Tale accorgimento è importante perché l’irraggiamento laser può provocare un innalzamento della temperatura della superficie dentale, ed è necessario evitare in tutti i modi un eccessivo surriscaldamento degli elementi per evitare danni pulpari da shock termico.

Seguendo queste regole è possibile, nella medesima seduta, ripetere anche 2 o 3 volte l’irraggiamento, puché si faccia trascorrere qualche minuto tra un’applicazione e la successiva, anche senza sostituire il prodotto sbiancante sulla superficie dei denti.

Ciò significa pertanto che, terminato il primo ciclo su entrambe le arcate, si attendono 2-3 minuti e successivamente si ripete l’irraggiamento seguendo la medesima sequenza utilizzata per la prima applicazione.

Terminata la fase di irraggiamento laser, si procede alla rimozione del prodotto sbiancante, al risciacquo degli elementi dentari e alla rimozione della diga, per poi effettuare la misurazione finale del colore (Fig. 4), anch’essa da documentare e riportare in cartella clinica, per valutare l’efficacia della procedura.

La misurazione finale del colore, anch’essa da documentare e riportare in cartella clinica, per valutare l’efficacia del trattamento.
FIG. 4 La misurazione finale del colore, anch’essa da documentare e riportare in cartella clinica, per valutare l’efficacia del trattamento.

Infine, al termine della seduta, si fissa con il paziente un rapido controllo dopo 7 giorni per verificare la stabilità del risultato ottenuto e, se a tale controllo il paziente si dichiara soddisfatto, può essere opportuno effettuare una fluoroprofilassi topica al fine di favorire una completa remineralizzazione dello smalto.

Si precisa, infine, che il ricorso al laser non determina una maggiore o minore comparsa di fenomeni collaterali come l’ipersensibilità da bleaching, la cui insorgenza non può pertanto essere influenzato dal ricorso o meno a tali tecnologie.

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