Scopo del lavoro: L’obiettivo dello studio è quello di valutare la frequenza con cui il disagio psicologico definito come burnout si distribuisce tra gli igienisti dentali.
Materiali e metodi: È stata effettuata una ricerca quantitativa su un campione rappresentativo di igienisti dentali soci AIDI, Associazione Igienisti Dentali Italiani. Lo strumento metodologico utilizzato è il questionario, costituito da una parte demografica e dal Maslach Burnout Inventory – General Survey (MBI-GS). Il questionario è stato digitalizzato ed è stato distribuito a tutti gli igienisti dentali soci AIDI, attraverso la mailing list dell’Associazione. Gli operatori hanno risposto in forma anonima. I dati ottenuti sono stati raccolti e analizzati attraverso un database informatico.
Risultati: Gli igienisti dentali che hanno risposto al questionario sono stati 486. Analizzando le risposte risulta che solamente il 13,17% degli intervistati ottiene un punteggio di rischio alto per l’esaurimento emotivo. Anche la depersonalizzazione mostra un alto rischio solamente nel 7% degli intervistati. L’analisi della terza sottoscala evidenzia un alto livello di realizzazione personale per il 75,93% dei soggetti intervistati.

INTRODUZIONE

Il burnout è generalmente definito come una sindrome caratterizzata da un insieme di manifestazioni psicologiche e comportamentali che possono essere raggruppate in tre componenti: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale. Queste manifestazioni possono verificarsi in tutte quelle professioni con implicazioni relazionali molto accentuate.

Il burnout è usato soprattutto per descrivere una degenerazione particolare dello stato emotivo delle professioni di aiuto sociale (“helping profession”), in altre parole quei professionisti, soprattutto sanitari, per i quali il rapporto con l’utente/paziente ha un’importanza centrale in termini di significato e di lavoro in sé.

Nel 1975 Christina Maslach iniziò a parlare di “Burnout syndrome” descrivendola come una sindrome multifattoriale, caratterizzata da un rapido decadimento delle risorse psicofisiche e da un peggioramento delle prestazioni professionali associati a un aumento dell’apatia e dell’indifferenza. Gli operatori colpiti erano spesso nervosi e irrequieti e più cinici nei confronti dei pazienti. I principali sintomi del burnout sono elencati nella tabella 1.

Sintomi comportamentaliSintomi fisiciSintomi psichici
Assenteismo Stanchezza Irritabilità
Isolamento Irritabilità Cinismo
Senso di stanchezza Cefalea Depersonalizzazione
Apatia Dolori viscerali e diarrea Senso di frustrazione e di fallimento
Ricorso a misure di controllo o allontanamento nei confronti dei pazienti Inappetenza Ridotta produttività
Conflitti coniugali e famigliari Nausea Ridotto interesse verso il proprio lavoro
Eccessivo uso di farmaci, alcol e assunzione di sostanze psicoattive VertiginiDemoralizzazione
Perdita dell’autocontrolloAlterazioni circadiane Disimpegno sul lavoro
Crisi di affanno e di piantoDistacco emotivo
Sintomi del Burnout negli operatori dei servizi sociosanitari.

Per definire un processo complesso come il burnout si è definito un sistema multifattoriale costituito da tre dimensioni (1).

  1. L’esaurimento emotivo: sensazione di essere emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro per effetto di un inaridimento emotivo del rapporto con gli altri.
  2. La depersonalizzazione: atteggiamento di allontanamento e di rifiuto nei confronti di coloro che richiedono o ricevono la prestazione professionale.
  3. La ridotta realizzazione personale: la percezione della propria inadeguatezza al lavoro, la caduta dell’autostima e il sentimento di insuccesso nel proprio lavoro.

L’insorgenza della sindrome negli operatori sanitari segue generalmente quattro fasi (2).

  • La prima fase (entusiasmo idealistico) è caratterizzata dalle motivazioni che hanno indotto gli operatori a scegliere un lavoro di tipo assistenziale.
  • Nella seconda fase (stagnazione) l’operatore si accorge che il lavoro non soddisfa del tutto i suoi bisogni. I risultati del forte impegno iniziale sono via via sempre più inconsistenti.Questa fase è caratterizzata da un graduale disimpegno e da un aumento della delusione che determina nell’operatore una chiusura verso l’ambiente di lavoro e i colleghi.
  • La terza fase (frustrazione) è la più critica. Il pensiero dominante dell’operatore è di non essere più in grado di aiutare nessuno.Come fattori di frustrazione aggiuntivi intervengono lo scarso apprezzamento, sia da parte dei superiori sia da parte dei pazienti, e anche la convinzione di una inadeguata formazione per il tipo di lavoro svolto.Il soggetto frustrato può assumere atteggiamenti aggressivi (verso se stesso o verso gli altri) e spesso mette in atto comportamenti di fuga (quali allontanamenti ingiustificati dal reparto, pause prolungate, frequenti assenze per malattia).
  • Il graduale disimpegno emozionale conseguente alla frustrazione, con passaggio dall’empatia all’apatia, costituisce la quarta fase, durante la quale spesso si assiste a una vera e propria morte professionale.

In genere si ritiene che il burnout sia prima di tutto un problema dell’individuo: le persone manifesterebbero tale disturbo a causa di caratteristiche del loro carattere, del loro comportamento o nella loro capacità lavorativa.

In realtà, vari studi (3) hanno dimostrato che il burnout non è solamente un problema dell’individuo, ma anche del contesto sociale nel quale lavora. Quando l’ambiente lavorativo non riconosce l’aspetto umano del lavoro, il rischio di burnout aumenta.

In altre parole, alla base dello stress lavorativo e del burnout, ci può essere un sovraccarico di lavoro, un’ambiguità di ruolo, uno scarso riconoscimento delle prestazioni e delle competenze, una mancanza di coesione e sostegno all’interno del gruppo di lavoro e attese dell’operatore non rispettate perché troppo lontane dalla realtà.

Gli effetti del burnout sono diversi. Il danno prodotto da questa sindrome va oltre il singolo operatore, ma danneggia anche il paziente, che ha un’assistenza peggiore, danneggia il datore di lavoro, che ottiene un servizio scadente, e danneggia sicuramente i familiari che devono lottare con tensioni emozionali che la persona in burnout non riesce a superare (4).

In Italia, diversi studi documentano livelli di burnout da moderati ad alti: uno studio cross-sectional (5) condotto nel 2009 su 190 professionisti sanitari che lavorano presso l’Ospedale dell’Aquila mostra un punteggio alto di esaurimento emotivo (38,95%), di depersonalizzazione (23,68%) e una mancanza di realizzazione personale (23,16%). Un altro studio (6) che prende in esame una popolazione di infermieri professionali in cure palliative documenta una prevalenza di burnout del 17,3%.

Altri lavori (7) seppur evidenziando un rischio di burnout normale, sottolineano un rischio potenziale elevato.

Lo scopo del presente studio è quello di valutare la frequenza con cui il disagio psicologico definito come burnout si distribuisce tra gli igienisti dentali.

MATERIALI E METODI

È stata effettuata una ricerca quantitativa su un campione rappresentativo di igienisti dentali selezionato tra i soci AIDI (Associazione Igienisti Dentali Italiani), associazione di categoria maggiormente rappresentativa (Decreto del Ministero della Salute del 30/07/2013).

Lo strumento metodologico utilizzato in questa tipologia d’indagine, uniforme per tutti i soggetti, è il questionario, costituito da una parte demografica, dove viene richiesta l’età, il sesso e da quanto tempo svolge la professione di igienista dentale e dal Maslach burnout Inventory – General Survey (MBI-GS) (8, 9).

Il Maslach Burnout Inventory – General Survey (MBI-GS) è un questionario messo a punto per valutare qualitativamente e quantitativamente lo stato di burnout. È costituito da 22 item suddivisi in tre sottoscale che valutano i tre diversi aspetti della sindrome: esaurimento emotivo (EE) 9 item, depersonalizzazione (DP) 5 item e realizzazione professionale (RP) 8 item. La sottoscala EE esamina come un soggetto abbia la sensazione di essere inaridito emotivamente e sia esaurito dal proprio lavoro. La sottoscala DP, valuta il comportamento del soggetto intervistato nei confronti del paziente. La sottoscala RP misura la sensazione di competenza del soggetto e il desiderio di successo nel lavorare in gruppo.
La frequenza con cui l’intervistato prova sensazioni relative alle tre sottoscale, è stata valutatata utilizzando una modalità di risposta a sette punti.

  • 0 = la situazione non si è mai verificata.
  • 1 = la situazione si è verificata qualche volta l’anno.
  • 2 = la situazione si è verificata una volta al mese o meno.
  • 3 = la situazione si è verificata qualche volta al mese.
  • 4 = la situazione si è verificata una volta la settimana.
  • 5 = la situazione si è verificata qualche volta la settimana.
  • 6 = la situazione si è verificata ogni giorno.

È molto importante capire che il burnout non è una variabile dicotomica che è presente oppure assente, infatti, il questionario offre una valutazione quantitativa identificando tre gradi di gravità: basso, medio e alto. Un alto grado di burnout si avrà se i punteggi nelle sottoscale EE e DP sono alti e sono bassi i punteggi di RP.

Un medio grado di burnout si otterrà se i valori ottenuti nelle sottoscale sono medi. Si avrà, invece, un basso indice di burnout se i valori delle sottoscale EE e DP sono bassi, mentre i punteggi di RP sono alti.

Ogni questionario compilato viene analizzato utilizzando un’apposita griglia che permette di definire i punteggi per ciascuna sottoscala. Ogni punteggio viene successivamente classificato come basso, medio o alto usando i valori di riferimento indicati nella tabella 2.

SottoscalaItem sommatiRischio bassoRischio medioRischio alto
Esaurimento emotivo (EE)1, 2, 3, 6, 8, 13, 14, 16, 20< 1718 - 29> 30
Depersonalizzazione (DP)5, 10, 11, 15, 22< 543775> 12
Realizzazione personale (RP)4, 7, 9, 12, 17, 18, 19, 21> 4034 - 39< 33
Sintomi del Burnout negli operatori dei servizi socio-sanitari.

Il questionario è stato digitalizzato attraverso la piattaforma Google moduli ed è stato distribuito a tutti gli igienisti dentali soci AIDI, che hanno risposto in forma anonima, attraverso la mailing list dell’Associazione.

I dati ottenuti sono stati raccolti e analizzati attraverso un database informatico (Microsoft Excel 2011).

RISULTATI

Gli igienisti dentali che hanno risposto in maniera anonima al questionario sono stati 486, di cui 412 femmine (84,77%) e 74 maschi (15,23%) come riportato nella figura 1.

Divisione del campione per sesso.
Fig. 1 Divisione del campione per sesso.

La fascia d’età maggiormente rappresentativa è quella che va dai 22 ai 30 anni con il 36,01% degli operatori (Fig. 2). Ne consegue che più della metà del campione analizzato svolge la professione di Igienista Dentale da meno di 10 anni (Fig. 3).

Analizzando i 9 item del MBI-GS che caratterizzano l’esaurimento emotivo (EE) possiamo notare che solamente il 13,17% degli intervistati ottiene un punteggio di rischio alto, mentre il 23,25% ha un rischio medio e il 63,58% ha un rischio basso (Fig. 4).

Rischio di esaurimento emotivo
Fig. 4 Rischio di esaurimento emotivo

Anche la seconda area fattoriale della sindrome, la depersonalizzazione (DP), mostra un alto rischio solamente nel 7% degli intervistati, mentre il 19,96% e il 73,05% ottengono un rischio medio e basso (Fig. 5).

rischio di depersonalizzazione
Fig. 5 rischio di depersonalizzazione

L’analisi della terza e ultima sottoscala, la realizzazione personale (RP), è in linea con le altre due, evidenziando una elevata realizzazione personale nel 75,93% dei soggetti intervistati, mentre solo il 7,41% mostra un rischio alto in questa sfera emotiva (Fig. 6).

rischio di realizzazione personale.
Fig. 6 rischio di realizzazione personale.

Come si può evincere dalle figure 7 e 8 la frequenza di rischio nelle sottoscale della sindrome di burnout rimane invariata, sia se si divide il campione in base al sesso, sia se si prendono in considerazione gli anni di professione.

Inoltre, escludendo gli operatori con più di 31 anni di lavoro svolto, si può notare come il valore medio di esaurimento emotivo e depersonalizzazione diminuisce leggermente con l’aumentare degli anni lavorativi: da 15,16 (0,1-5 anni) a 14,53 (26-30 anni) e da 4,18 (0,1-5 anni) a 2,66 (26-30 anni).

La realizzazione personale invece aumenta, passando dal un valore medio di 41,64 per gli operatori che lavorano da 0,1-5 anni a 45,06 per gli igienisti dentali che lavorano da almeno 26 anni.

DISCUSSIONE

Il campione intervistato è in prevalenza femminile e di età compresa tra i 20 e i 40 anni, situazione che rispecchia il vero panorama dell’igienista dentale che è una professione giovane e squilibrata verso il sesso femminile.

Per quanto riguarda il burnout non sembrano esserci differenze tra i due sessi e l’età degli intervistati. La situazione non varia se si considerano gli anni di lavoro svolto: le tre sottoscale che caratterizzano la sindrome rimangono costanti nelle fasce di anzianità lavorativa. Inoltre possiamo notare una lieve diminuzione dell’esaurimento emotivo e della depersonalizzazione e un aumento della realizzazione personale nel gruppo di operatori con più anni di lavoro.

Come possiamo vedere dai dati raccolti, l’esaurimento emotivo, che è messo in risalto dal sentimento di sfinimento che si genera nell’operatore al termine della giornata di lavoro, non è molto rappresentato negli operatori intervistati, così come la depersonalizzazione, mentre il 75,93% degli operatori intervistati ha un alto livello di realizzazione personale.

Questo è un dato confortante, perché la mancanza di realizzazione personale significa svolgere un lavoro che non si ama più.

Dall’analisi dei dati relativi alle tre sottoaree, emerge una buona predisposizione umana al rapporto con il paziente.

Tra gli aspetti che rendono positiva questa analisi ha un grande risalto l’utilità delle prestazioni svolte e la gratificazione personale che si ottiene eseguendole. La risoluzione della patologia o il riuscire a migliorare il tenore di vita del paziente è percepito in modo positivo.

Un altro aspetto positivo è considerato il buono stipendio e la possibilità di gestire autonomamente il tempo libero e lavorativo, considerando che la maggior parte degli igienisti dentali svolgono la professione come liberi professionisti.

CONCLUSIONI

Dalle risposte ottenute dal questionario somministrato agli operatori, emerge che la categoria degli igienisti dentali non ha un alto rischio di burnout.

Oggi il burnout rappresenta un rischio elevato per ogni contesto lavorativo: i costi economici, la produttività ridotta, i problemi di salute e il generale declino della qualità della vita personale o lavorativa, sono un prezzo troppo alto da pagare.

È dunque consigliabile l’adozione di un approccio preventivo per affrontare tale problematica.

In letteratura (10, 11) figurano molte strategie per la prevenzione del burnout che si focalizzano sia sull’individuo sia sul luogo di lavoro.

Il modo migliore per prevenire il burnout è sicuramente quello di puntare sulla promozione dell’impegno nel lavoro. Per fare questo, non basta semplicemente ridurre gli aspetti negativi presenti sul posto di lavoro, ma è necessario anche tentare di aumentare quelli positivi. Le strategie per incrementare l’impegno sono quelle che accrescono il coinvolgimento degli operatori, permettendo loro di affermarsi tra i colleghi, di acquisire un’autonomia lavorativa e decisionale e offrendo loro un’organizzazione del lavoro chiara e coerente.

Ringraziamenti

Questo lavoro è stato realizzato grazie alla collaborazione dell’Associazione Igienisti Dentali Italiani AIDI.

Bibliografia:
  1. Maslach C. Burnout, the cost of caring. New York: Prentice Hall Press; 2003.
  2. Bellani, ML, Orrù W. La sindrome del burnout. In: Bellani ML, Morasso G, Amadori D et al. Psiconcologia. Milano : Masson; 2002.
  3. Sanfilippo F, Noto A, Foresta G, Santonocito C, Palumbo GJ, Arcadipane A, Maybauer DM, Maybauer MO. Incidence and factors associated with burnout in anesthesiology: a systematic review. Biomed Res Int 2017;2017:8648925. Epub 2017 Nov 28.
  4. Maslach C, Leiter MP. Burnout e organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demotivazione al lavoro. Trento: Ed. Erickson; 2002.
  5. Mattei A, Fiasca F, Mazzei M, Abbossida V, Bianchini V. Burnout among healthcare workers at L’Aquila: its prevalence and associated factors. Psychol Health Med 2017 Dec;22(10):1262-1270.
  6. Parola V, Coelho A, Cardoso D, Sandgren A, Apóstolo J. Prevalence of burnout in health professionals working in palliative care: a systematic review protocol. JBI Database of Systematic Reviews and Implementation Reports 2017;15(7):1905-1933.
  7. Arrigoni C, Caruso R, Campanella F, Berzolari FG, Miazza D, Pelissero G. Investigating burnout situations, nurses’ stress perception and effect of a post-graduate education program in health care organizations of northern Italy: a multicenter study. G Ital Med Lav Ergon 2015 Jan-Mar;37(1):39-45.
  8. Maslach C, Jackson S. MBI. Maslach Burnout Inventory. Firenze: Ed Organizzazioni Speciali; 1993.
  9. Schaufeli WB, Leiter MP, Maslach C, Jackson SE. The Maslach Burnout Inventory-General Survey. In: Maslach C, Jackson SE, Leiter MP, editors. Maslach Burnout Inventory Manual (3rd ed) Palo Alto: Consulting Psycologists Press; 1996.
  10. Nesci DA, Poliseno TA, Comazzi A. Interventi di supporto per gli operatori. In Bellani ML, Morasso G, Amadori D. Psiconcologia. Milano: Masson; 2002.
  11. Payne R, Firth-Cozens J. Stress in Health Professionals. New York: Wiley; 1999.
  12. Maslach C. La sindrome del burnout. II edizione. Assisi: Cittadella editrice; 1997.
  13. Bonino S. Psicologia per la salute. Milano: Casa Editrice Ambrosiana; 1988.
  14. Burisch M. Burnout. Psicologia contemporanea 1995; 127: 34-41.
  15. Tremolada M, Schiavo S, Tison T, Sormano E, De Silvestro G, Marson P, Pierelli L. Stress, Burnout, and job satisfaction in 470 health professionals in 98 apheresis units in Italy: A SIdEM Collaborative Study. J Clinical Apheresis 2015;30:297–304.
  16. Camerino D, Cassitto MG, Gugiari MC, Conway PM. Burnout: survey of the literature. Med Lav 2013 Nov-Dec;104(6):411-27.
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