Terapia di mantenimento del paziente portatore di impianti

mantenimento paziente portatore di impianti
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Il successo a lungo termine delle riabilitazioni implantoprotesiche dipende, oltre che dalle premesse cliniche, diagnostiche e chirurgiche, anche dalla corretta attuazione di un protocollo di mantenimento. Ciò significa prima di tutto personalizzare gli intervalli dei controlli e selezionare gli strumenti più idonei per il singolo paziente in un processo dinamico di motivazione continua volto a ottenere la collaborazione di quest’ultimo nell’igiene orale domiciliare.
Come abbiamo visto in precedenza, tre sono le fasi fondamentali ai fini del successo della riabilitazione:

  1. progettazione del manufatto protesico;
  2. motivazione del paziente e istruzione all’igiene domiciliare;
  3. richiamo periodico di mantenimento.

In fase di progettazione protesica deve essere prevista una corretta distanza fra il margine gengivale e la struttura protesica, in modo da consentire il passaggio del filo interdentale e degli spazzolini interprossimali, e il facile accesso alla componente transmucosa dell’impianto, per attuare le manovre di igiene orale (Fig. 1); nel caso di elementi non corredati da attacchi singoli ma solidarizzati tra loro con sistemi a barra, la distanza fra margine gengivale e barra di solidarizzazione deve essere tale da evitare ristagni di depositi che possono provocare infiammazione dei tessuti molli.

mantenimento paziente portatore di impianti
fig. 1 Detersione domiciliare della componente transmucosa dell’impianto.

Le superfici della protesi dovrebbero essere lisce e prive di imprecisioni o fessure in quanto esse possono rappresentare un ricettacolo per la placca batterica.
Il protocollo di richiami deve essere finalizzato a rendere il paziente consapevole dell’importanza di una igiene orale domiciliare ottimale nelle fasi sia antecedenti che postchirurgiche fino alla fase protesica della riabilitazione. Gli appuntamenti dedicati al mantenimento permettono di valutare il grado di collaborazione del paziente e al contempo motivarlo nuovamente o riproporre le istruzioni di igiene, selezionando gli strumenti più idonei alla situazione specifica. Questo è un processo dinamico di motivazione continua, perché l’istruzione di igiene orale domiciliare deve necessariamente accompagnare i cambiamenti delle varie fasi.

  • Fase prechirurgica con la valutazione e la preparazione del paziente, attuando anche interventi di counseling anti-tabagismo.
  • Fase chirurgica: durante l’intervento è importante acquisire dati chirurgici relativi all’inserimento dell’impianto e alla tipologia di impianti posizionati.
  • Fase postchirurgica, durante la quale istruire il paziente sulle nuove procedure igiene orale domiciliare per la prevenzione di infezioni.
  • Fasi protesiche, provvisoria e definitiva, supportando e accompagnando il paziente durante i cambiamenti che potrebbero metterlo in difficoltà nell’esecuzione di nuove tecniche di igiene domiciliare.
  • Mantenimento dei risultati attesi con protocolli di prevenzione e programmi di visite personalizzate.

I richiami periodici

Si raccomanda di eseguire la prima seduta nella settimana successiva all’intervento chirurgico di inserimento implantare e in seguito a cadenza bisettimanale fino alla completa guarigione del sito e il paziente non ha dimostrato abilità nel controllo della placca batterica. Dopo la fase di protesizzazione il richiamo può essere effettuato ogni 3 mesi in concomitanza dei controlli clinici e radiologici previsti dall’odontoiatra.

Durante gli incontri dedicati alla motivazione del paziente sono importanti:

  • la valutazione delle manovre d’igiene abituale. A tal fine è utile che il paziente sia in grado di valutare da solo il livello di igiene (per esempio attraverso l’utilizzo dei rivelatori di placca); inoltre è anche opportuno ricordare che i punti più a rischio si trovano in corrispondenza degli sbocchi delle ghiandole salivari, che devono essere indicati al paziente affinché il controllo sia mirato;
  • l’ottimizzazione dell’impiego degli strumenti più adeguati;
  • l’adattamento della tecnica di igiene alla specifica condizione riabilitativa;
  • l’istruzione e l’introduzione di nuovi presidi, semplificandone il più possibile l’utilizzo;
  • la verifica dell’effettivo apprendimento nell’impiego dei nuovi strumenti introdotti;
  • il rinforzo motivazionale in caso di scarsa o modesta manualità offrendo disponibilità e invitando il paziente a riferire le difficoltà incontrate;
  • i controlli inizialmente ravvicinati e in seguito cadenzati in funzione dei risultati soggettivi.

Una scrupolosa igiene professionale degli elementi implantari è realizzabile più facilmente dopo la rimozione del manufatto protesico se di tipo rimovibile (Fig. 2), dove spesso è possibile osservare abbondanti depositi di placca e tartaro nella parte inferiore e sugli abutment implantari.

Rimozione del manufatto protesico
fig. 2 Rimozione del manufatto protesico.

La seduta di igiene orale professionale sopra o sottogengivale con strumentazione meccanica o manuale si completa con la lucidatura.
È importante controllare, dove possibile, la connessione fra fixture e componente transmucosa, perché, anche se preciso, potrebbe rappresentare il punto più vulnerabile per la ritenzione di placca (1). Una buona conoscenza di base delle strutture implantari permette all’igienista di poter intercettare eventuali problematiche meccaniche-funzionali del sistema fixture-abutment e protesi.
Difficoltà biomeccaniche della protesi, come una frattura, possono indicare uno stress occlusale eccessivo e provocare un riassorbimento osseo perimplantare (2). La protesi deve perciò essere esaminata con attenzione e periodicamente per evitare che la perdita di funzionalità possa mettere a repentaglio la riablitazione implantare.
Un monitoraggio continuo dei tessuti perimplantari è raccomandato per una diagnosi precoce di malattia perimplantare e per il successo a lungo termine degli impianti.
La seduta di mantenimento può essere organizzata in quattro fasi:

  • visita e rivalutazione del sito implantare (VRS);
  • motivazione, re-istruzione, strumentazione (MRS);
  • trattamento dei siti infetti, se necessario (TSI);
  • lucidatura e programmazione richiamo igiene.

Gli indici clinici di salute perimplantare

Al controllo vengono valutati i seguenti parametri.

  • Indice di placca (PI o IP): l’igienista dentale deve individuare clinicamente la presenza di biofilm batterico sopragengivale e riportarlo in cartella. Sarà cura dell’operatore individuare la metodica che gli risulta più idonea per semplificare la sua pratica clinica (3). Esistono infatti indici quantitativi, espressi in percentuale, o di tipo visivo che esprimono l’entità in lieve, moderata o eccessiva (4).
  • Sanguinamento alla manovra di sondaggio (BOP): il sanguinamento al sondaggio, com’è noto, è un sintomo evidente dello stato infiammatorio dei tessuti perimplantari. Il sondaggio si esegue mediante l’uso di una sonda parodontale convenzionale applicando una leggera pressione pari a 0,25 N (5). Esso non è causa di danno nei confronti dei tessuti perimplantari, ma costituisce un parametro prezioso per la diagnosi delle malattie perimplantari (6) e la sua assenza è indice di salute e stabilità parodontale (7).
    Il rilevamento del sanguinamento durante la manovra di profondità al sondaggio (8) e della suppurazione vanno eseguiti su tutti i versanti delle superfici perimplantari (vestibolare mesiale, medio e distale; linguale mesiale, medio e distale).
  • Presenza di suppurazione (SUPP): la suppurazione è indice di una infezione perimplantare in fase attiva che potrebbe portare alla distruzione delle fibre collagene ed esitare perfino nella necrosi tessutale. Questo processo porta alla formazione di pus, allo sviluppo di suppurazione e talvolta anche alla formazione di una fistola. La suppurazione è quindi associata a episodi di distruzione tessutale attiva, indicando la presenza di perimplantiti, che risultano in un livello di osso ≥ 3 spire (9), che richiede una terapia antinfettiva (terapia antibiotica locale o sistemica) (10). L’esame radiografico permette l’accertamento della salute dell’impianto e di una eventuale perdita ossea perimplantare.
  • Profondità di sondaggio (PPD): in condizioni di salute la punta della sonda identifica l’estensione più apicale della barriera epiteliale (11). Quest’ultima mostra uno spessore pari a 2-3 mm, pertanto la profondità di sondaggio in tali siti dovrebbe essere ≤ 3 mm. Nei siti colpiti da perimplantite la sonda penetrerà in modo apicale all’epitelio e raggiungerà la base della lesione infiammatoria in corrispondenza della cresta alveolare con conseguente aumento della profondità di sondaggio. La comunità scientifica ha dibattuto sull’utilità di tale rilevazione in assenza di segni clinici di infiammazione, ma numerosi studi sperimentali hanno mostrato che anche una lieve infiammazione attorno agli impianti è associata all’incremento del sondaggio che nel tempo può esitare nella perdita di attacco e di supporto osseo (12).
  • Mobilità: l’eventuale mobilità comincia a manifestarsi in seguito alla perdita di osteointegrazione dell’impianto, segnalando l’insorgenza di complicazioni che richiedono una diagnosi differenziale da parte dell’odontoiatra. Una eventuale mobilità può anche dipendere dalla perdita di connessione della vite d’interfaccia tra protesi ed abutment, nei casi di corone avvitate, o tra abutment e fixture nei casi di corone cementate. Il ruolo dell’igienista in questa fase consiste nell’ispezione delle componenti protesiche, verificando l’assenza di allentamenti delle viti di fissaggio, fratture, decementazioni, o gap tra le strutture che potrebbero dare clinicamente segni di mobilità.

Test microbiologici

I test microbiologici sono indicati nei richiami periodici dei 2 anni successivi alla riabilitazione, in quanto sono utili per monitorare le condizioni dei tessuti perimplantari in associazione al sanguinamento (15). La procedura prevede il prelievo di campioni microbiologici sia in siti dentali che implantari per identificare la presenza di specie batteriche specifiche parodontopatogene (per esempio Actinomycetemcomitans, Aggregatybacter, Prevotella intermedia, Porphyromonas gingivalis e Treponema denticola).

La terapia causale

Ai controlli l’igienista dentale deve rimuovere qualsiasi deposito batterico, sia esso molle (placca) o duro (tartaro). Sulle superfici implantari il tartaro sembra aderire meno tenacemente rispetto ai denti naturali, anche se si possono trovare depositi più o meno abbondanti.
Durante la procedura l’igienista dentale deve eseguire movimenti corti, mantenendo una leggera pressione per evitare traumi al delicato solco perimplantare.
Nell’inserzione dello strumento all’interno del solco, l’estremità lavorante deve essere chiusa contro la spalla dell’impianto per poi aprirsi con un’angolazione non superiore a 45°, superati i depositi di tartaro, così come avviene nelle manovre di levigatura radicolare. Devono eseguirsi dei movimenti orizzontali, obliqui, o verticali in base alla distribuzione dei depositi.
Le ricostruzioni protesiche possono limitare qualche volta l’accesso degli strumenti ablatori ultrasonici o sonici e, su indicazione dell’odontoiatra, può essere utile rimuoverle per avere l’accesso facilitato. Nel caso si utilizzino strumenti ultrasonici sulle superfici implantari è necessario che siano montati corretti terminali ricoperti di materiale plastico o gomma.
Come documentato da numerosi studi clinici, l’airpolishing convenzionale mostra delle controindicazioni a causa dell’effetto abrasivo delle polveri a base di bicarbonato.
Per l’esecuzione della lucidatura devono essere utilizzate coppette di gomma con l’ausilio di paste da profilassi minimamente abrasive e prive di fluoro (in particolari condizioni di Ph acido, a contatto con la superficie implantare, possono sprigionare acidi fluoridrici dannosi per la superficie in titanio degli impianti).
Il debridment deve essere effettuato con strumenti che non danneggiano le superfici degli impianti, quali curette e scaler in materiale plastico, nylon, carbon-composito, grafite o teflon, queste ultime sono dotate di una rigidità ottimale per asportare con facilità i residui calcificati dalle superfici implantari, anche se le dimensioni dell’estremità lavorante sono talvolta troppo grandi, rendendone difficoltoso l’utilizzo a livello subgingivale.
Anche la lucidatura della porzione esposta dell’impianto si utilizzano apposite coppette e paste prive di fluoro.
La rimozione dei depositi sopra e subgengivali deve essere realizzata a intervalli variabili di 3-6 mesi, da modulare in base alla complessità della riabilitazione e alle caratteristiche del paziente (compliance/abilità nell’igiene orale domiciliare).

Bibliografia:
  1. Bavero GA, Stellini E. L’igiene orale nel paziente implantologico. In: Implantologia Orale a cura di Manlio Quaranta e Luciano Malchiodi. Cap. 11. Bologna: Ed. Martina.
  2. Huband ML. Problems associated with implant maintenance. Va Dent J. 1996 Apr-Jun;73(2):8-11. Review.
  3. Terracciano-Mortilla L. Hygiene and soft tissue management: The hygienist’s perspective. In: Babbush CA (ed.): Dental Implants: The Art and Science. Philadelphia: WB Saunders; 2001. pp. 423-43.
  4. O’Leary TJ, Drake RB, Naylor JE. The plaque control record. J Periodontol 1972 Jan;43(1):38.
  5. Esposito M, Grusovin MG, Tzanetea E, Piattelli A, Worthington HV. Interventions for replacing missing teeth:treatment of perimplantitis. Cochrane Database Syst Rev. 2010 Jun 16;(6):CD004970.
  6. Luterbacher S, Mayfield L, Brägger U, Lang NP. Diagnostic characteristics of clinical and microbiological tests for monitoring periodontal and peri-implant mucosal tissue conditions during supportive periodontal therapy (SPT). Clin Oral Implants Res. 2000 Dec;11(6):521-9.
  7. Lang NP, Adler R, Joss A, Nyman S. Absence of bleeding on probing. An indicator of periodontal stability. J Clin Periodontol. 1990 Nov;17(10):714-21.
  8. Quirynen M, Marechal M, Busscher HJ, Weerkamp AH, Darius PL, van Steenberghe D. The influence of surface free energy and surface roughness on early plaque formation. An in J Clin Periodontol. 1990 Mar;17(3):138-44.
  9. Fransson C, Wennström J, Berglundh T. Clinical characteristics at implants with a history of progressive bone loss. Clin Oral Implants Res. 2008 Feb;19(2):142-7.
  10. Mombelli A, Lang NP. Antimicrobial treatment of periimplant infections. Clin Oral Implants Res. 1992 Dec;3(4):162-8.
  11. Lang NP, Wetzel AC, Stich H, Caffesse RG. Histologic probe penetration in healthy and inflamed peri-implant tissues. Clin Oral Implants Res. 1994 Dec;5(4):191-201.
  12. Schou S, Holmstrup P, Stoltze K, Hjørting-Hansen E, Kornman KS. Ligature-induced marginal inflammation around osseointegrated implants and ankylosed teeth. Clin Oral Implants Res. 1993 Mar;4(1):12-22.
To cite: Elisabetta Polizzi. Terapia di mantenimento del paziente portatore di impianti. Rivista Italiana Igiene Dentale. 2017 XIII (4):159-162