Valutazione ed efficacia della diagnosi dei difetti dello smalto, differenziazione da ipomineralizzazioni e fluorosi dello smalto per esposizione alla molecola rimineralizzante.
Evaluation and effectiveness of diagnosis of enamel defects, differentiation from hypomineralization and enamel fluorosis by exposure to remineralizing molecule
Sono state utilizzate tecniche e protocolli già sperimentati e sicuri per i pazienti, con tecniche minimamente invasive senza alterare la morfologia degli elementi dentari stessi, al paziente è stata garantita la predicibilità del prodotto sbiancante e dei materiali (mascherine da laboratorio individuali), nonché delle resine infiltranti con lo scopo di riempire le aree ipomineralizzate o con alterazione di mineralizzazione ottica dello smalto.
Tried-and-true and patient-safe techniques and protocols were used, with minimally invasive techniques without altering the morphology of the dental elements themselves; the patient has been assured of the predictability of the whitening product and materials (individual lab masks), as well as of the infiltrating resins with the purpose of filling the hypomineralized or optically mineralized areas of enamel.
I case report pubblicati hanno soddisfatto le esigenze dei clinici oltre le aspettative dei pazienti sottoposti ai protocolli clinici.
The published case reports met the needs of clinicians beyond the expectations of patients undergoing the clinical protocols.
Introduzione
La fluorosi dentale è un’alterazione dello smalto che si manifesta clinicamente con la comparsa di macchie bianche opache, spesso striate, bilaterali sulle superfici degli elementi dentari. Nei casi più complessi si presentano anche aree giallastre-marroni e, se le lesioni si estendono alla giunzione amelo-dentinale, portano a perdita di sostanza dello smalto con un incremento del rischio di frattura. Questa condizione influenza negativamente la qualità di vita sociale oltre che funzionale(8). Il fluoro è un agente importante nella prevenzione della patologia cariosa, ma è anche noto da anni che un’ eccessiva introduzione di fluoro nella prima infanzia può determinare l’insorgenza di fluorosi.
La fluorosi è una malattia che affligge molti abitanti dell’area vesuviana di Napoli. A causarla è un’intossicazione cronica da fluoro, elemento naturalmente presente anche nelle acque e nei suoli. La fluorosi colpisce le ossa e i denti, e ancora oggi interessa l’80% dei bambini in età scolare. In questa fase caratteristica dei bambini di 6/8 anni, età in cui la dentizione decidua è sostituita da quella permanente, un’ ingestione prolungata di fluoro può causare una cattiva mineralizzazione dello smalto che, di conseguenza, risulta difettoso. Una recente ricerca scientifica, condotta dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e dall’ Università Federico II di Napoli, ha evidenziato che gli abitanti di Ercolano già nell’antichità soffrivano di fluorosi scheletrica. La sorprendente scoperta è stata fatta grazie ad un’indagine multidisciplinare in cui sono stati esaminati numerosi resti scheletrici vecchi di 2000 anni. I ricercatori dell’Istituto per i materiali compositi e biomedici del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Portici (IMCB-CNR) e dell’Università Federico II di Napoli, esaminando le ossa di epoca romana hanno potuto dimostrare come questa patologia metabolica dell’osso e delle articolazioni sia endemica dell’area vesuviana. Lo studio, pubblicato sulla rivista “PLoS ONE” è coordinato del Museo di Antropologia della Federico II, con Michele Giordano dell’IMCB-CNR, e del Dipartimento di Biologia Strutturale e Funzionale dell’Università.
All’origine della malattia invalidante, che colpisce decine di milioni di persone soprattutto in Africa, India e Cina – fanno sapere i ricercatori – è l’alta concentrazione naturale di fluoro nelle acque e nel suolo, tipica delle aree vulcaniche. La ricerca ne rileva e descrive le caratteristiche nelle vittime dell’eruzione del 79 d.C., dopo aver passato in rassegna 76 scheletri appartenuti a una popolazione di età da 0 a 52 anni. “Dall’esame delle peculiarità morfologiche, radiologiche, istologiche, chimiche, scheletriche e dentarie si è constatato un aumento significativo della concentrazione di fluoro con l’età e un correlato grado di lesione della colonna vertebrale e di altri distretti articolari” spiega Michele Giordano dell’IMCB-CNR(10). I valori di fluoro più alti, maggiori di 9.000 ppm, si osservano negli adulti sopra i 40 anni, che rivelano una fase patologica molto grave, paralizzante, come quella osservata tuttora nelle regioni endemiche(10). Questi livelli sono a tutt’oggi presenti ed attivi, come risulta da test clinico-epidemiologici su un campione di bambini in età scolare dei comuni vesuviani, “che ha rivelato l’80% di fluorosi dentaria e caratteristiche cliniche di portata epidemica, quali dolori articolari, dermopatie, ipertiroidismo e contenuto di fluoro nel sangue superiore ai valori massimi raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità”. La comparazione dunque mostra per le popolazioni vesuviane un rischio permanente, non sempre valutato, anche perché le fasi iniziali della malattia sono mal diagnosticate”(10). Le prime diagnosi di fluorosi sono state riscontrate in America del Nord dal Dott. Dean nel 1942, che descrisse una prima classificazione grossolana dal discutibile, lieve, moderata ed avanzata. Successivamente nascono nuove classificazioni: nel 1984, “The tooth surface index of fluorosis (TSIF)“, da grado 0 a grado 7, sino ad arrivare alla classificazione più dettagliata e attualmente utilizzata, del 2010 di Thylstrup & Fejerskov (TFIndex), da grado 0 a grado 9 (Fig. 1)(15). Attualmente, in alcuni paesi, la fluorizzazione delle acque è permessa per abbassare l’incidenza della carie nella popolazione, ma la quantità maggiore di 1,5 mh/l tende a creare il rischio di fluorosi dentale, e in concentrazioni maggiori tende ad estendersi al tessuto scheletrico. Questo perché lo smalto nasce dalla matrice proteica secreta dagli ameloblasti, quest’ultimi assorbono ioni nella matrice extracellulare e i tipi di ioni dipendono dalla disponibilità presente al momento nel plasma. Coloro che risiedono invece nelle zone sopra descritte oltre al panorama e a grandi ortaggi e frutte autoctone, assapora vini superlativi, grazie alle sostanze fertili presenti sul Vesuvio (Vesbius, Vesvius, Vesuvius, Ves) cioè “Altura”. Questo vulcano, oltre ad essere tra i più distruttivi al mondo, rilascia fonti di quantità di fluoro nelle acque e nel suolo provocando un problema come la fluorosi dentale di vari gradi.
Case Report
Dopo una accurata diagnosi e anamnesi, la paziente B., abitava ad Ercolano (zona Vesuviana), presenta delle macchie da fluorosi catalogate con la classificazione di Thylstrup & Fejerskov TF2, (presenti linee opache e lisce, smalto intatto ma pronunciate al parikymata, occasionalmente confluenza di linee adiacente, alle superficie occlusali aree sparse di opacità <2mm e marcata opacità nelle creste cuspidali). La paziente di sesso femminile, anni 19, non ha mai assunto integratori a base di fluoro. Ha vissuto a Ercolano, Napoli (zona Vesuviana) fino ai 17 anni di età. Non ha mai assunto acque del territorio e non ha mai ingerito dentifrici fluorati, ne integratori in fase pediatrica. Manifestava un profondo desiderio di correggere un inestetismo significativo considerata l’età, avendo esplorato diverse soluzioni, incluso l’utilizzo di dentifrici smacchianti estremamente abrasivi, prima di rivolgersi a noi (Fig . 2). La procedura eseguita in questo case report, oltre ad una valutazione della linea del sorriso, la quale esposizione era >3mm dei denti e della gengiva, quindi classificata come Gummy smile (6), l’unica procedura sicuro e meno invasiva è stata sviluppata in diverse fasi.
Prima fase
Seduta di igiene orale con protocollo GBT e istruzione alle pratiche di igiene orale domiciliare (23).
Seconda fase
Rilevazione di impronte con sistema digitale per la realizzazione di mascherine senza serbatoio con chiusura ermetica al margine gengivale secondo tecnica del bisello modificato dei modelli da impronta (3).
Terza fase
Sbiancamento domiciliare con perossido di carbammide (CP HOME+, Blancone, IDS S.p.a, Italia), al 12%, per 8 ore al giorno, di notte, per 14 notti, (Fig. 3)(20). Questo passaggio propedeutico alla tecnica, permette di aumentare il valore del dente nelle tre dimensioni del colore e consente un primo camouflage delle macchie presenti.
Quarta Fase
A distanza di 1 settimana è stato eseguita la tecnica secondo protocollo con resine infiltranti (DMG ICON, DMG Chemisch-Pharmazeutische, Germania), mirata per arrestare la carie nei settori posteriori. Il protocollo è eseguito come di seguito:
- microabrasione con Airflow a base di bicarbonato di sodio e/o con carburo di silicio e acido cloridrico;
- applicazione di acido cloridrico al 15% per l’erosione dello smalto in maniera chimica (Fig. 4), e selettiva solo sulle macchie da trattare;
- alcolizzazione con alcol etilico al 90% delle superfici per la valutazione provvisoria alla rimozione delle macchie, questo passaggio da erosione ad alcolizzazione è ripetuto sino a quando le macchie da fluorosi non sono più visibili ad occhio nudo, (Fig. 4a);
- infiltrazione con resina e polimerizzazione di 3 min, con lampada (3M Elipar, 3M Italia Srl, Italia), successivamente secondo passaggio con resina e polimerizzazione di 1 min con gel di glicina per favorire la polimerizzazione dello strato superficiale più a contatto con l’ossigeno (Fig. 5)(16).
Al termine si esegue fase di rifinitura e lucidatura con frese di arkansas e coppette da composito a bassa velocità.
Lesioni Bianche
Ben diverse sono le lesioni bianche dello smalto da trauma, queste lesioni in età pediatrica sono attualmente considerate un problema di salute pubblica perché possono avere gravi ripercussioni mediche, estetiche e psicologiche. I bambini nei primi mesi di vita sono soggetti a trauma dentale, sopratutto quando imparano a camminare, vari studi confermano una prevalenza dal 4% al 33 %(9).
A differenza di altre patologie come la fluorosi dentale o la MIH, (Molar Incisor Hypomineralization), i difetti di natura traumatica interessano sempre elementi di natura permanente, ma singoli o di elementi adiacenti. Questo accade proprio perché l’evento traumatico che ha generato la lesione traumatica è generalmente isolato e ha interessato uno o due elementi dentari. Queste lesioni sono generalmente riconoscibili per la presenza di una macchia bianca isolata a livello del terzo incisale della corona di un dente permanente, che rappresenta l’esito dell’interferenza creata dall’elemento deciduo sul processo di formazione dello smalto dell’elemento permanente stesso. Il sospetto che si possa trattare di una lesione traumatica induce il clinico durante l’anamnesi ad intervistare sia il paziente che i genitori, se possibile. La presenza di difetti dello smalto in area estetica può essere fonte di disagio per molti pazienti, e quindi la scelta del trattamento più idonea da parte del clinico deve essere correlata all’esecuzione di una corretta diagnosi, distinguerle da lesioni che si trovano direttamente sotto la superficie dello smalto (lesione da trauma), o lo strato superficiale avente un contenuto minerale relativamente elevato (fluorosi), o come ultimo la natura dello strato superficiale è sconosciuto o variabile (MIH)(2). La lesione bianca è il risultato di un complesso fenomeno ottico, dove un labirinto ottico formato all’interno della lesione contribuisce all’assorbimento e riflessione della luce incidente distorta e esito del colore anomalo. L’infiltrazione dei pori delle lesioni con resina infiltrante (DMG ICON, DMG Chemisch-Pharmazeutische, Germania), avente indice di rifrazione 1.52, molto vicino a quello di uno smalto sano (1.62). Così facendo si migliora la trasmissione dei fotoni nella fase di assorbimento, dispersione e rifrazione, ripristinando la traslucenza dello smalto (2). La tecnica eseguita è sempre quella descritta in precedenza per le macchie da fluorosi, protocollo DMG ICON (DMG ICON, DMG Chemisch-Pharmazeutische, Germania). In tal modo è possibile risolvere in maniera rapida e sicura le lesioni dello smalto, anche se i composti rimineralizzanti come idrossapatite modificata, CCP-ACP ect., riescono a penetrare solo nella prima parte dello smalto circa in profondità del 10-15 micron. Uno studio recente del gruppo di Mastroberardino et al.(19) hanno proposto una modalità di trattamento a lungo termine che prevede l’applicazione domiciliare con mascherine con serbatoio di CPP-ACP prima dello sbiancamento. Questo protocollo prevede un periodo di 2-3-mesi alternato a un agente sbiancante a base di perossido di carbammide CP 12% e CCP-ACP. Questo protocollo trova la sua utilità laddove vi siano gravi ipomineralizzazioni diffuse senza ricorrere a metodiche di infiltrazione(19).
Case Report II
Il secondo case report (Fig. 6), ma primo in ordine di lesioni bianche da trauma, è la paziente N., di anni 22 non abitava in aree vulcaniche, non aveva assimilato in età pediatrica integratori, o altro, a base di fluor. I genitori hanno riportato una storia clinica riguardante un incisivo da latte (5.1), traumatizzato per una caduta avvenuta durante l’infanzia. La paziente, a distanza di anni, aveva valutato questa piccola lesione sul dente permanete 1.1 con l’ausilio di device (autoscatti fotografici), portando alla nostra osservazione foto scattate in varie ore del giorno e varie angolazioni. La diagnosi segnalava la presenza di lesione bianca da trauma. Sotto richiesta della paziente, non è stato eseguito un protocollo di rimineralizzazione come indicato da Mastroberardino et. al. E’ stato quindi applicato il protocollo come da fluorosi dentale precedentemente descritto (Fig. 7).
Case Report III
Il terzo case report (Fig. 8), ma secondo in ordine di lesioni bianche da trauma, è la paziente C., di anni 30. L’individuo non proviene da aree vulcaniche, ne aveva mai assunto integratori a base di fluoro, o altro, in età pediatrica. La paziente, dopo una attenta anamnesi, non ricorda di aver mai avuto traumi ai denti da latte, ne successivamente. In secondo luogo i genitori hanno segnalato diversi traumi alla bocca durante la fase del gattonamento infantile. La paziente si reca in ambulatorio con la volontà di voler eseguire uno sbiancamento dentale professionale, e successivamente alla visita e alla valutazione di assenza di carie e malattie gengivali, si consiglia dopo il trattamento estetico (sbiancamento), di eseguire la tecnica di infiltrazione con il protocollo DMG ICON(DMG Chemisch-Pharmazeutische, Germania). Anche in questo caso vengono adottati i passaggi dettagli nei precedenti case report e che così possono essere riassunti:
- 1 fase: Sbiancamento
- 2 fase: Microabrasione
- 3 fase: Infiltrazione(5)
L’utilizzo della descritta e qui utilizzata tecnica di infiltrazione con resine permette al paziente di eseguire futuri trattamenti di sbiancamento di mantenimento. In questi tre casi è stato utilizzato un prodotto di sbiancamento (CP HOME+, Blancone, IDS S.p.a, Italia) con eccipiente di perossido di carbammide (CP), arricchito di Vitamina K, vitamina D e nano-idrossiapatite. Questo minerale, a contatto con gli ossidrili sprigionati durante la reazione sbiancante, favorisce la ricostituzione dei cristalli di idrossiapatite e dello strato rigenerato che a livello topografico risulta revitalizzato e desensibilizzato(7).
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