La dentosofia e la prevenzione orale: universi vicini o lontani

dentosofia

Il termine dentosofia deriva dall’unione delle parole latine dens, dente, e sophia, saggezza, per definire un percorso terapeutico che, secondo un approccio olistico, pone l’accento sul legame tra l’equilibrio della bocca e quello dell’individuo.

La dentosofia si basa, quindi, sulla comprensione dell’individuo, in quanto essere unico, singolo e irripetibile e fonda i suoi principi sull’analisi globale dei piani corpo-mente-anima (1).

La dentosofia nasce nel 1982 da due medici francesi, Michel Montaud e Rodrigue Mathieu (2), ai quali spetta il merito di aver integrato le scoperte del dottor Besombes sulla dinamica evolutiva con i principi della riabilitazione neuro-occlusale del professor Planas, la teoria della riorganizzazione neurofunzionale di Beatriz Padovan e i principi della pedagogia steineriana e della medicina antroposofica.

Analogamente alle medicine orientali, la dentosofia non cura solo una parte del corpo, ma cerca di portare armonia all’intero organismo; in tale ottica la disposizione dei denti è espressione anche dello stato psicoaffettivo dell’individuo. La relazione psicomorfologica dentaria consiste nell’osservazione del dente, della sua forma e posizione, della sua fisiologia e del suo stato energetico per cogliere la storia dell’individuo.

Ciascuno dei quadranti in cui è ripartita la bocca rappresenta una dimensione emotiva, e all’interno di essi ogni dente assume un significato. Possiamo definire i quattro quadranti nel modo seguente.

  • Quadrante superiore destro: aspiro a poter manifestare qualcosa di concreto nel mondo esterno.
  • Quadrante superiore sinistro: aspiro a esprimere un sentimento che è già dentro di me.
  • Quadrante inferiore destro: attuo nella dimensione concreta la mia aspirazione. È l’ambito lavorativo i cui si incarnano le nostre aspirazioni.
  • Quadrante inferiore sinistro: traduco in manifestazione la mia sensibilità.

In pratica, secondo la dentosofia una bocca squilibrata rispecchia un individuo non in armonia e la posizione dei denti, vista sia singolarmente che nel suo insieme, riflette la situazione psicoaffettiva. In presenza di una buona igiene dentale, la presenza di carie può dare indicazioni sul piano su cui l’individuo manifesta un blocco o una difficoltà. In particolare, in pazienti che non soltanto non hanno spazio in arcata per i denti, ma che anche non riescono a respirare, deglutire, masticare e persino a camminare correttamente, mostrando una disarmonia totale (3), questi disordini corrispondono ad altrettanti problemi celati nell’inconscio (4).

Carie e stress, una ipotesi di correlazione

Negli anni Trenta del secolo scorso l’odontoiatra canadese Weston Price volle scoprire cosa permettesse alle popolazioni primitive di mantenere i denti indenni dalla carie (5). Nei suoi viaggi analizzò molte popolazioni isolate che ancora avevano mantenuto un modello di alimentazione tradizionale e uno stile di vita più “selvaggio”, notando che non solo i loro denti erano sani e privi di carie, ma anche ben allineati. Per contro, gli abitanti dei villaggi maggiormente civilizzati e vicini a porti o ferrovie soffrivano di carie e presentavano arcate dentarie insufficientemente sviluppate. Price riscontrò queste caratteristiche in diverse zone del mondo, concludendo che ciò che maggiormente differenziava i soggetti erano l’alimentazione e lo stile di vita. Nei paesi industrializzati, infatti, si evidenziava un’alimentazione ricca di zuccheri e cibi raffinati, nonché uno stile di vita particolarmente stressogeno, a differenza delle popolazioni nell’entroterra, che si cibavano di alimenti di stagione e offerti più dalla natura che dall’industria (1).

In tal senso lo stress assume una valenza inedita.
Come sappiamo all’interno del dente vi sono molteplici e minuscoli tubuli dentinali che si irradiano verso l’esterno e nei quali scorre il fluido dentinale che apporta nutrimento alle cellule. Ralph Steinman nelle sue sperimentazioni rilevò che questo flusso deve andare dal centro alla periferia e la fuoriuscita di piccole quantità di liquido a livello dello smalto può rimuovere gli acidi ed esercitare un’azione di protezione dalla carie (6). I risultati indicavano anche che una dieta ricca di zuccheri può inibire questo flusso, rallentandolo fino a invertirne la direzione. Steinman scoprì che questo flusso è regolato da un ormone secreto dalla ghiandola parotide, che a sua volta è sotto il controllo di un fattore prodotto nell’ipotalamo. Questo fattore viene inibito da una dieta ricca di zuccheri, privando il dente delle sue difese contro la carie. A questo punto, se pensiamo a quanto l’ipotalamo sia sensibile allo stress, ci rendiamo conto di come anche questo possa intervenire nella formazione della carie.

L’integrazione tra la medicina tradizionale e le terapie non convenzionali

In definitiva lo scopo dell’integrazione tra medicina tradizionale e naturale è quello di portare il paziente a raggiungere uno stato di consapevolezza totale, per ritrovare se stesso attraverso il riconoscimento dello spirito che dimora in ognuno di noi come energia di vita.

Attraverso l’integrazione con la medicina naturale, segni e sintomi raccontano un aspetto decisamente più interiore e personale del paziente che riguarda il vissuto e le emozioni. Per questi motivi in odontoiatria olistica il piano terapeutico è studiato su misura del singolo paziente.

La medicina antroposofica considera il rapporto medico-paziente come un incontro tra due esseri umani con profondo interesse reciproco, che trovano un accordo di collaborazione fiduciosa e attenta. Insieme guidano un cammino interiore ed esteriore e scambiano l’offerta di amorevoli cure con la volontà di guarigione. Esiste dunque una vera arte del curare e del guarire che supera lo sfruttamento delle sole tecniche, servendosi di nuove ispirazioni (7).

La didattica classica insegnata nelle università trasmette allo studente un modello di valutazione e intervento che si basa esclusivamente sulla problematica in esame. A ogni segno e sintomo corrispondono una diagnosi specifica e una terapia mirata e quasi universale. L’odontoiatria olistica a questo punto deve aggiungersi agli strumenti riconosciuti a disposizione del clinico per stabilire un rapporto più profondo e personale con il proprio paziente per cercare di raggiungere uno stato di salute così come definito dalla costituzione dell’OMS, cioè il completo benessere fisico, sociale e mentale, e non soltanto l’assenza di malattia o di infermità.

Bibliografia

  1. Santi F. La bocca della salute. Manuale di dentosofia olistica. Dalla salute del corpo al benessere di corpo e psiche. Vicenza: Edizioni Il punto d’incontro; 2016, p. 9-12.
  2. Pascale D. Respirare la dentosofia. Le basi scientifiche di una nuova neuro-ortodonzia. Milano: Edizioni Enea; 2018. p. 17-18.
  3. Ovidi R. Perché i figli della Playstation hanno i denti storti. Firenze: Terra Nuova edizioni; 2011. p. 13.
  4. Caffin M. Quello che i denti raccontano di te. Giaveno (To): Edizioni Amrita; 2006. p. 3-4.
  5. Price WA. Nutrition and physical degeneration: a comparison of primitive and modern diets and their effects. New York: Paul B. Hoeber, Inc; Medical Book Department of Harper & Brothers; 1939.
  6. Leonora J, Tieche JM, Steinman RR. Stimulation of intradentinal dye penetration by feeding in the rat. Arch Oral Biol 1993; 38(9): 763-767.
  7. Redaelli D. Emmeleia: il sorriso dell’armonia. Un dialogo fra Odontoiatria, Dentosofia, Pisicologia Transpersonale. Milano: Iti Edizioni; 2017.