Lavorare in sicurezza a tutela di pazienti e operatori: una scelta possibile?

Il 31 dicembre 2019 la Commissione Sanitaria Municipale di Whuan (Cina) ha segnalato all’Organizzazione Mondiale della Sanità casi di polmonite ad eziologia ignota nella città di Wuhan, provincia cinese di Hubei (1,2).

Il 9 gennaio 2020, il CDC cinese ha riferito che è stato identificato un nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) come patogeno causale della malattia respiratoria denominata Covid-19. L’11 marzo 2020 il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha definito la diffusione dal COVID-19 non più una epidemia confinata ad alcune zone geografiche, ma una pandemia mondiale.

I dati epidemiologici, a oggi, suggeriscono che situazioni come conversazioni con un soggetto infetto con una distanza interpersonale minima, un colpo di tosse o uno starnuto hanno un alto rischio di trasmissione del virus; mentre un contatto breve con un individuo asintomatico ha un rischio minore di trasmissione (3). Il contatto con superfici infette è un altro possibile metodo di trasmissione, soprattutto attraverso fomiti (maniglie, posate eccetera) (4); tuttavia altri studi hanno sottolineato come le carica virale delle particelle sulle superfici decade in 48-72 ore (5). La trasmissione verticale madre-figlio è associata a un basso rischio di trasmissione; lo stesso studio indica un basso rischio di mortalità per i neonati (6,7). Per i casi asintomatici l’argomento in letteratura è ancora fortemente dibattuto, pertanto il Ministero della Salute italiano decreta che “Le persone asintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV-2 possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test)” (Circolare del ministero della Salute del 12 ottobre 2020).

Il virus pare raggiungere il picco virale, quindi di dispersione dei virioni, nell’apparato respiratorio superiore  2-3 giorni prima della comparsa dei sintomi (8). Il SARS-CoV-2 genera una sindrome parainfluenzale trasmissibile da uomo a uomo, caratterizzata da sintomi lievi come tosse, raffreddore, mal di testa, febbre, che tuttavia può degenerare fino a una polmonite con gravi quadri respiratori talvolta associati a sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) (9, 10).

Dalla letteratura attuale sappiamo che i sintomi comuni nei pazienti ospedalizzati comprendono febbre (70-90%), tosse secca (60-86%), dispnea (53-80%), stanchezza (38%), mialgie (15-44%), nausea/vomito o diarrea (15-39%), mal di testa, debolezza (25%) e rinorrea (7%). L’anosmia o l’ageusia possono essere l’unico sintomo di presentazione in circa il 3% degli individui con COVID-19 (11).

Le complicazioni comuni tra i pazienti ospedalizzati con COVID-19 includono polmonite (75%), sindrome da difficoltà respiratoria acuta (ARDS) (15%); lesioni epatiche acute, caratterizzate da elevati valori di aspartato transaminasi, alanina transaminasi e bilirubina (19%); lesioni cardiache, inclusa l’elevazione della troponina (7%-17%), insufficienza cardiaca acuta, disritmie e miocardite; coagulopatia protrombotica con conseguenti eventi tromboembolici venosi e arteriosi (10-25%); lesione renale acuta (9%); manifestazioni neurologiche, tra cui la perdita di coscienza (8%) e malattia cerebrovascolare acuta (3%), e shock (6%) (12, 13).

Le complicazioni rare tra i pazienti in condizioni critiche con COVID-19 includono la tempesta di citochine (“cytochine storm”) e la sindrome da attivazione dei macrofagi (linfoistiocitosi emofagocitica secondaria) (13, 14).

A oggi quindi le nostre conoscenze in termini scientifici sono migliorate, ma non sufficienti per abbassare il livello di attenzione considerando il periodo attuale epidemiologico.

Tutto il sistema sanitario nazionale ha subito un profondo mutamento; specialità come quella odontoiatrica sono state definite ad alto rischio dal documento dell’INAL del marzo 2020. In particolare, le procedure svolte dall’igienista dentale sono state considerate altamente a rischio per la grande produzione di aerosol attraverso gli strumenti ultrasonici e la vicinanza al cavo orale del paziente.

Nel maggio 2020 sono state validate dal CTS centrale “le indicazioni operative e procedure cliniche di utilizzo e protezioni per operatori e pazienti in condizioni di ripresa dell’attività odontoiatrica durante la fase 2 della pandemia Covid-19 (protocolli sperimentali e clinici)” emanate dal tavolo tecnico satellite coordinato dal Prof. Enrico Gherlone, direttore del nostro dipartimento di Odontoiatria presso l’Ospedale Vita-Salute San Raffaele, e rettore dell’università Vita-Salute San Raffaele. L’attuazione di questi protocolli ha permesso di sommare la prudenza alla capacità organizzativa e ai processi di sterilizzazione con particolare attenzione alla sorveglianza del paziente attraverso il triage e all’intercettazione della categoria dei pazienti definita “Fragile”.

Il comparto odontoiatrico ha risposto prontamente: da un’analisi della letteratura si è evince che a oggi solo l’1% dei dentisti è risultato positivo al SARS-CoV-2, seguendo tutti i protocolli di sicurezza. Dati che provengono dal Consejo General de Dentistas, quindi al livello europeo e confermati al livello mondiale dall’American Dental Association and Reserach Institute e dall’Health Policy Institute (15).

A livello nazionale uno studio, condotto da igienisti sottolinea che solo lo 0,25% del comparto è risultato positivo e che il 97% dei professionisti ha seguito correttamente tutte le indicazioni operative emanate (16). Inoltre, L’INAIL il 31 agosto 2020 non ha denunciato casi di positività tra le assistenti alla poltrona (17).

Dato il proficuo e tempestivo lavoro svolto dal tavolo satellite precedente, il 5 novembre 2020 il capo di Gabinetto del Ministero della Salute ha emanato il decreto per istituire il nuovo Tavolo Tecnico sull’odontoiatria volto alla formazione, ricerca e programmazione dell’attività odontoiatrica, con particolare riferimento all’odontoiatria pubblica e sociale. Il tavolo è coordinato dal Prof. Enrico Gherlone ed è costituito dalle medesime componenti del tavolo tecnico satellite precedente e ampliato con nuovi attori, come la componente sindacale rappresentata da Pio Attanasi in rappresentanza del SUMAI,  Walter Di Fulvio presidente dell’Associazione Nazionale Studi Odontoiatrici Convenzionati, ANSOC, e Marco Ferrari membro effettivo del Consiglio Superiore di Sanità (CSS); nel sottogruppo di lavoro che si occuperà di odontoiatria sociale e pubblica sarà presente anche un rappresentante del nuovo albo Igienisti. 

Considerando il ruolo centrale degli igienisti dentali in tema di prevenzione primaria e secondaria, la presenza dell’albo Igienisti nelle analisi di importanti temi è motivo di soddisfazione per la nostra categoria, quale importante riconoscimento e accreditamento presso le istituzioni pubbliche.

Inoltre, Il 3 novembre 2020 il decreto regione Lombardia n. 3777 abilita odontoiatri e igienisti dentali a eseguire i tamponi naso-faringei, insieme ad altre categorie del settore, purché adeguatamente formati.

Alla luce, dunque, delle molteplici novità non solo è imperativo continuare a esercitare in sicurezza per la tutela dei pazienti e degli operatori, ma anche e soprattutto creare un ambiente che sia sereno e rassicurante per tutti.

La gestione della sicurezza

La Dental School del San Raffaele, per esempio, è una realtà costituita dal Reparto dedicato alla solvenza, la Dental Clinic che eroga prestazione in regime SSR, e il Centro di Igiene Orale e Prevenzione, dedicato all’erogazione e ai percorsi di prevenzione primaria e secondaria. In questa complessa realtà si interfacciano non solo operatori e pazienti, ma anche studenti dei corsi di laurea in Odontoiatria e in Igiene Dentale,  che svolgono attività di tirocinio supervisionati da tutor e docenti di ruolo.

Appare chiaro come questa sia una gestione complessa dal punto di vista della tutela della sicurezza.

Oltre a mettere in atto tutte le indicazioni operative emanate dal tavolo tecnico, quali il doppio triage, utilizzare i DPI idonei, riorganizzare il flusso di lavoro, sanificare gli ambienti con i mezzi che la tecnologia avanzata ha messo a disposizione, oggi alla Dental School abbiamo fatto un passo in più sulla via della “sicurezza” per il SARS-CoV-2: è stato istituito, con il supporto della Medicina preventiva e il Comitato Infezioni Ospedaliere, il progetto “COVID Safe Area Odontoiatria”. A cadenza quindicinale tutto il personale ospedaliero e universitario che opera all’interno del dipartimento, compresi operatori, studenti under graduate e post graduate incluso il personale infermieristico, si sottopone a tampone antigenico.

Chi accede all’esecuzione del tampone antigenico rapido, previa misurazione della temperatura e la sottoscrizione dell’autodichiarazione all’ingresso, segue un percorso dedicato che lo conduce in un’area lontana dall’attività operativa, areata con ventilazione naturale e opportunatamente sanificata dove lo attendono operatori adeguatamente formati per l’esecuzione del tampone tra cui è presente un igienista dentale.  Il test negativo abilita al turno lavorativo o di tirocinio, raccomandando di rispettare comunque le misure di sicurezza. In caso di positività si è sottoposti a un secondo tampone molecolare e immediatamente inseriti in un protocollo fast track in accordo con la medicina preventiva dell’ospedale, che oltre a  incaricarsi rilascia i dati alla regione Lombardia, validi per il contact tracing nazionale.

Inoltre, nell’ambito della convenzione tra Unisr e OSR, tutto il personale, docente e non, anche a contratto, a contatto con i pazienti è inserito nella campagna vaccinale, su base volontaria, anti SARS-CoV-2. Per gli studenti, saranno sottoposti a vaccinazione tutti coloro che sono coinvolti in sedi di tirocinio all’interno dell’ospedale.

Si tratta di novità e segnali forti dovuti e dettati da una parte dalla fase emergenziale della pandemia dall’altra dalla necessità di stare al passo con i tempi che mai come oggi sono stati così in rapida evoluzione.

Basti pensare e riflettere come la nostra professione, considerata durante la fase 1 e 2 tra le più a rischio,  nella ripresa dell’attività in sicurezza abbia contato solo lo 0,25% di contagi nel comparto. E oggi diamo il nostro contributo nello svolgere un’altra importante attività di prevenzione: l’esecuzione dei test rapidi antigenici.

Bibliografia

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