Postura e apparato stomatognatico: l’equilibrio della salute

FIG. 1 L’ideale triangolo della salute.

Nel 1966 A. Seppilli introduceva alcuni elementi che offrivano una chiave di lettura innovativa del concetto di salute: “La salute è una condizione di armonico equilibrio, fisico e psichico, dell’individuo, dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale”, individuando con le parole “armonico equilibrio” una dimensione dinamica della salute e interpretando l’equilibrio come una costante giocata tra interno, la capacità di controllo, ed esterno, la situazione favorevole o sfavorevole dell’ambiente reale o percepita (1). Si tratta di un concetto positivo che pone l’accento sia sulle risorse personali e sociali sia sulle capacità fisiche; può essere inoltre di spunto nel trovare  elementi di riflessione in una visione olistica. Infatti, la salute viene interpretata come l’equilibrio fra tre elementi, psiche, biochimica e struttura, che formano un ideale triangolo, il triangolo della salute (Fig. 1), che quando si mantiene equilatero esprime il corretto rapporto fra aspetto strutturale, psichico e biochimico dell’individuo (2), traducendosi in una qualità della vita molto soddisfacente. In tale rapporto la psiche si relaziona con gli aspetti strutturali e i processi metabolici, il metabolismo coinvolge psiche e struttura, mentre gli aspetti strutturali influenzano psiche e metabolismo.

In questa ottica di interconnessioni e ripercussioni fra la salute nell’accezione più ampia e il “mondo” esterno e interno che ci coinvolge si vuole rivolgere l’attenzione alla postura come elemento sostanziale del “complesso” salute.

FIG. 2 Fasi della postura e la posizione ortostatica dell’adulto.

La postura 

La postura può ritenersi corretta quando gli elementi scheletrici si dispongono in rapporto fisiologico e reciprocamente sinergico (3). Un’alterazione strutturale o funzionale a livello delle singole unità può provocare, infatti, ripercussioni a carico di diversi distretti generando una sintomatologia algico-disfunzionale. Esistono quindi interconnessioni e influenze reciproche fra postura corporea, postura del capo e apparato stomatognatico.

Nel processo di adattamento filogenetico e ontogenetico nell’uomo e nei primati la curvatura della colonna vertebrale ha subìto una notevole modificazione (4). Per quanto concerne l’ontogenesi della postura, essa richiama l’evoluzione filogenetica (Fig. 2): nella fase prenatale la colonna vertebrale presenta un’unica grande curvatura a concavità anteriore e una spiccata cifosi, mentre nel neonato la postura della colonna vertebrale si presenta rettilinea. Quando il bambino comincia a tentare il mantenimento della posizione eretta e a camminare si ha la formazione della lordosi lombare. La cifosi dorsale si determina poi come conseguenza della formazione delle due curve precedenti, inserendosi fra di loro. Si raggiunge la posizione ortostatica definitiva quando si realizza la curvatura della pianta del piede con lo sviluppo definitivo degli archi di appoggio.

L’equilibrio si definisce come la risposta alle forze e ai movimenti che sollecitano il corpo. In particolare l’equilibrio statico si realizza quando la proiezione del baricentro al suolo cade entro il poligono di appoggio plantare e la forza di reazione (del suolo) sia uguale e contraria a quella di origine miofasciale in un punto detto centro di pressione. L’equilibrio dinamico, invece, si realizza tramite un annullamento delle forze, quando  siamo in presenza di un movimento macroscopico che tramite un continuo calcolo revisionale rapporta in successione la proiezione del baricentro sui poligoni d’appoggio previsti dalle fasi del movimento. Per una situazione ottimale nel movimento, il baricentro dovrebbe cadere sempre in progressione all’interno delle diverse superfici d’appoggio  (5,6).

Per comprendere il meccanismo del mantenimento della postura è fondamentale considerare la struttura segmentaria del corpo umano suddivisa in quattro grandi unità funzionali che stabiliscono rapporti di equilibrio dinamico tra di loro (7,8,9).

La prima unità funzionale è costituita dalla mandibola e dal cranio, tenuti insieme dalle ATM (articolazione con 6 gradi di libertà); tramite il rachide cervicale, che funge da segmento di collegamento (10), si giunge alla seconda unità.

La seconda unità funzionale è costituita dalla cintura scapolare tenuta insieme dalle seguenti articolazioni: acromio-clavicolare, sterno-clavicolare, scapolo-omerale (anche quest’ultima con 6 gradi di libertà) (10); fanno seguito i tratti toracico e lombare della colonna vertebrale che portano fino al terzo distretto.

La terza unità funzionale, è formata dalla cintura pelvica, ovvero dall’insieme delle articolazioni sacro-coccigea, sacro-iliaca, ileo-femorale. L’articolazione con 6 gradi di libertà è costituita da  quella dell’anca: ileo-femorale (10). Il segmento coscia-gamba si porta fino all’ultima unità.

La quarta e ultima unità funzionale corrisponde al complesso piede-caviglia, composto dall’articolazione peroneo-tibio-astragalica, da quella sottoastragalica e da quella calcaneo- cuboidea (10).

Spesso un’alterazione strutturale o funzionale a livello delle singole unità provoca ripercussioni sui diversi segmenti di raccordo, con possibile sintomatologia algico-disfunzionale conseguente.

L’articolazione dell’occipite (C0) e C1-C2-C3, che nel suo insieme costituisce l’articolazione cranio-vertebrale, può essere considerata, unitamente a quella temporomandibolare, l’estremo elemento di adattamento tra postura corporea e postura del capo.

I muscoli che provvedono al bilanciamento della testa sono quelli del collo, della mandibola e delle spalle (Fig. 3). Il capo è in posizione di equilibrio posturale, che non necessariamente corrisponde alla “posizione naturale”, quando nella stazione eretta gli occhi guardano l’orizzonte. In questo modo il piano di Francoforte, il piano bipupillare e quello ottico sono paralleli al suolo. In questa posizione il baricentro della testa risulta essere anteriore rispetto al punto di appoggio sul rachide, cioè il fulcro rappresentato dai condili occipitali.

La postura del capo rappresenta quindi quel complesso di meccanismi neuromuscolari che fanno sì che i muscoli striati ricevano una stimolazione atta a mantenere l’atteggiamento della testa nello spazio.

Si può definire la postura del corpo come la posizione in cui la testa, il collo, il torace e l’addome sono bilanciati verticalmente l’uno sull’altro in maniera tale che il peso venga sostenuto principalmente dalle strutture ossee, con minima sollecitazione dei muscoli e dei legamenti (11).

È però necessario ricordare che anche orecchio, occhio e piede entrano in gioco nel mantenimento di una corretta postura (12,13,14).

FIG. 3 I muscoli del collo.

Postura e occlusione, il sistema miofasciale

La dinamica posturale, oltre a essere modulata, come detto,  dal rapporto che intercorre fra la postura sistemica e la mandibolare, viene anche a essere influenzata, non in maniera secondaria, ma in modo determinante, da un ulteriore elemento che interviene su postura ed equilibrio posturale: il sistema miofasciale. Per sistema miofasciale si intende la rete di tessuto connettivo, o fascia, che attraversa in senso longitudinale tutto l’organismo, collegando strutture, tessuti, organi e apparati dall’estremità del capo, passando dal coccige fino ai piedi. Il sistema miofasciale è il principale responsabile del mantenimento della postura e la sua attività di sostegno è correlata agli intimi legami che si realizzano in tutto l’organismo fra fascia, strutture muscolari e loro rapporti con le ossa. La fascia infatti riesce, attraverso le sue caratteristiche meccaniche, a sopportare e organizzare l’azione delle ossa e dei muscoli.

L’elemento caratterizzante della fascia è il tessuto connettivo e per questo la fascia prende il nome di fascia connettivale (7,15).

In definitiva, la fascia connettivale rappresenta nel suo insieme un unico complesso che avvolge sostiene, unisce e protegge organi, nervi e apparati. Con le sue caratteristiche meccaniche dà coesione alle strutture ossee e le sostiene ma, allo stesso tempo, è anche un organo sensoriale, che veicola  tutto quanto venga percepito dal corpo. È allo stesso tempo anche la struttura che permette a nervi e vasi sanguigni di accedere ai vari distretti dell’organismo mentre la presenza di setti e rivestimenti permette lo scorrimento delle fibre muscolari nonché il loro nutrimento (16,17,18). Espandendosi all’interno, andando ad avvolgere i muscoli e diramandosi tra le fibre muscolari fino a livello cellulare, gioca un ruolo fondamentale nella trasmissione muscolare della forza, partecipando attivamente anche all’attività motoria e risultando il principale responsabile del mantenimento della postura (19), poiché il cervello non riesce a controllare da solo tutte le mutabili situazioni che si determinano in un movimento; variazioni che, invece, vengono così a essere coordinate dalla fascia connettivale che, con i suoi intimi contatti all’interno del muscolo, riceve informazioni sulla contrazione della singola fibra muscolare (9). Per queste ragioni, il sistema miofasciale determina una stretta connessione fra tutti gli elementi tissutali, scheletrici e muscolari, in base alla quale una modificazione in uno qualsiasi di questi distretti si ripercuoterebbe sugli altri. A causa di ciò, in situazioni patologiche la fascia può dare  origine ad aderenze, subire rotture o produrre contratture tessutali anche complesse, provocando sintomi di diversa natura. Fattori come stress, emozioni, traumi, attività lavorative o fisiche sfavorevoli, abitudini viziate e non ultimo anche un regime alimentare non idoneo, per citarne alcuni, possono favorire addensamenti delle strutture fasciali con conseguente contrazione, tensione, rigidità, sintomatologia dolorosa, fino a disfunzione di organi, minore coordinamento e limitazione dei movimenti (15,20,21).

In definitiva, si possono riassumere in tre i principali fattori causa del determinismo dell’irrigidimento della fascia: il fattore meccanico (movimenti incongrui, posizioni scorrette), quello chimico (alimentazione non adeguata, alcolici) e il fattore psicofisico (stress, emozioni, freddo). 

Tra le varie cause che possono essere l’origine di questo disturbo, l’elemento alimentazione merita di essere valutato con attenzione: un’ alimentazione non corretta  che si ripercuote sul sistema miofasciale può dare origine a una reazione a catena dettata, appunto, dagli intimi legami anatomici esistenti. È frequente, infatti, che in pazienti con disfunzioni dell’equilibrio posturale si riscontrino anche problematiche legate ad aspetti nutritivi provocati da apporti alimentari non congrui come per esempio nel caso  delle sindromi acidosiche.

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