Premessa
Gentilissimi lettori questa breve premessa è per presentarvi una serie di articoli di rubrica, che per l’occasione saranno scritti a quattro mani da due dei nostri autori, la Dott. ssa Martina Gangale e il Dott. Stefano Sarri. Per un breve periodo uniranno le loro rubriche su di un argomento che interessa particolarmente la vostra professione.
Quante volte sentiamo dire questo? Ormai lo stress è una compagnia costante della quotidianità. La vita moderna con tutte le sue comodità, a ben vedere, non ha reso così sana la nostra esistenza. Ritmi di lavoro sempre più serrati, inquinamento, notizie aberranti, leggi sempre più restrittive e regole sempre più complesse ci costringono a impegnarci fisicamente e emotivamente sino a raggiungere i nostri limiti.
Cioè a raggiungere la nostra soglia limite di stress. Quando ciò accade il nostro corpo ha una reazione, cioè mette in moto una serie di variazioni ormonali. Queste variazioni sono necessarie e difensive, quindi indispensabili, ma lungo andare diventano dannose. Il principale attore che entra in gioco è il cortisolo. Ovviamente entrano in gioco una miriade di fattori, ma per rendere semplice la narrazione ci occuperemo solo di questo ormone.
Il cortisolo, come sopraddetto è un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali. È un ormone di tipo steroideo, derivante cioè dal colesterolo, e in particolare appartiene alla categoria dei glucocorticoidi. Il cortisolo viene sintetizzato su stimolazione dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH), a volte associato allo stress. La sua azione principale consiste nell’indurre un aumento della glicemia. Questo aumento viene ottenuto stimolando la gluconeogenesi epatica, che in questo caso viene sostenuta dagli amminoacidi derivanti da un accentuato catabolismo proteico, soprattutto a livello dei muscoli scheletrici, e lipidico a livello del tessuto adiposo; si parla perciò di una sua azione anti-insulinica. D’altro canto, il cortisolo stimola la glicogenosintesi, azione questa che lo distingue nettamente dal glucagone. Un eccesso di cortisolo può avere anche molte azioni negative, poiché inibisce la sintesi di DNA e RNA, delle proteine, del GH (ormone della crescita), del testosterone, inibisce l’enzima deiodasi, aumenta la concentrazione sanguigna di sodio, diminuisce quella di potassio, catabolizza la massa cutanea, muscolare, ossea e quella delle mucose gastro-enteriche.
In caso di stress cronico, chi ha i livelli di cortisolo alti nelle ore serali corre maggiori rischi di sviluppare forme di arteriosclerosi legate all’ipertensione, che aumentano a loro volta il rischio cardiovascolare. Inoltre un eccesso cronico di cortisolo debilita il sistema immunitario e può favorire patologie come l’osteoporosi.
Il cortisolo presenta ritmi circadiani, cioè varia in modo coerente nell’arco delle 24 ore. Le cause non patologiche di questo innalzamento possono essere dovute ad uno stato di stress continuato a cui si è sottoposti, oppure a intensa attività agonistica, all’uso di farmaci antinfiammatori, ancora se non si riconosce in nessuna di queste cose è opportuno controllare bene la funzione della Tiroide, colesterolo, glicemia o anche con una risonanza magnetica per escludere l’eventuale presenza di un adenoma ipofisario. Anche il surrene andrebbe controllato con una attenta ecografia. Una volta escluse cause organiche/patologiche rimane da condurre uno stile di vita che tenga sotto controllo lo stress. Insomma, l’eccesso di cortisolo ci procura dei seri danni e la causa non patologica sembra essere il grado di stress.
Ora come sapete io parlo di integratori e fitoterapici, esiste una categoria di fitoterapici chiamata adattogeni i quali possono venirci in aiuto.
Esistono parecchie piante che hanno questo effetto fisiologico e nel descriverle, parleremo ovviamente anche di cortisolo.
Possiamo quindi avvalerci di quelle piante definite, appunto, adattogene per portare l’organismo verso un nuovo equilibrio energetico. Di fronte a cambiamenti biologici e psichici della vita il nostro organismo è in continuo bilanciamento dinamico (allostasi), cioè compie un lavoro costante per mantenere attivi i meccanismi di adattamento, e questo richiede energia. Purtroppo le riserve di “energia di adattamento” non sono inesauribili e in situazioni di continuo stress queste si riducono. L’organismo non riesce più ad adattarsi e subentra uno stato di esaurimento. Le ghiandole surrenali in questo stato producono un surplus di ormoni dello stress: adrenalina, noradrenalina, glucocorticoidi dei quali fa parte il cortisolo. Le cellule celebrali registrano uno stato di allarme prolungato e ne risentono, producendo un’alterazione mentale che porta ad una variazione in negativo di attenzione, umore e memoria, ma non solo: dobbiamo tenere conto che la malattia è solitamente la conseguenza di due variabili. ↓ ↓ ↓

Quindi un ospite indebolito sarà più facilmente soggetto a sviluppare patologie, e avrà una ripresa più lenta e di conseguenza il risultato terapeutico sarà poco soddisfacente, e le fatiche di entrambe le parti (operatore-paziente) maggiori. In questi casi la fitoterapia si avvale di rimedi vegetali in grado di modificare il terreno, agendo sui meccanismi di risposta omeostatica dell’organismo, in modo da migliorare il rendimento sia fisico che psichico, contrastando l’insorgenza di malattie, come detto: questi rimedi prendono il nome di adattogeni. Si tratta di regolatori metabolici in grado di aumentare le capacità dell’organismo di adattarsi ai fattori ambientali mutevoli e di evitare i danni da essi determinati. La scelta del rimedio adattogeno dipende dal quadro sintomatico, e normalmente l’effetto non ha un organo bersaglio, ma solitamente agisce su tutte le cellule, cioè sul terreno del paziente. Le piante adattogene hanno azione tonica, immunostimolante, disintossicante e antiossidante (fitodrenaggio rivitalizzante). Gli immunostimolanti possono avere anche effetti antinfiammatori e antiallergici, in quanto capaci di modulare specificamente la reazione antigene-anticorpo (1).
Inizieremo col parlarvi dell’adattogeno Rodiola e presentarvi una breve scheda tecnica.
Rodiola, Rhodiola rosea
Pianta originaria degli altopiani asiatici, se ne contano più di duecento specie.
Costituenti principali: fenilpropanoidi, oli essenziali, monoterpeni, antraglicosidi, flavonoidi, tannini, vitamine e minerali.
Proprietà: adattogena, immunomodulante, antiossidante, dimagrante, antiaritmica.
Indicazioni farmacologiche: stanchezza e difficoltà di concentrazione. Diminuisce i tempi di recupero muscolare, aumentando la sintesi proteica e i livelli di ATP e CP nel tessuto muscolare striato. Aumenta i livelli plasmatici di beta endorfine avendo così una possibile azione antidepressiva.
Effetti secondari: assenti alle dosi consigliate.
Di studi sulla Rodiola ce ne sono diversi. In uno studio in doppio cieco con placebo, nella scala Burnout di Pines non sono stati riscontrate differenze tra i due gruppi, mentre le risposte del cortisolo pre-VERSUS post-trattamento allo stress da risveglio erano significativamente diverse nel gruppo di trattamento rispetto al gruppo di controllo.
Si conclude che la somministrazione ripetuta dell’estratto di R. ROSEA SHR-5 esercita un effetto antifatica che aumenta le prestazioni mentali, in particolare la capacità di concentrazione, e diminuisce la risposta del cortisolo allo stress da risveglio nei pazienti con Burnout e sindrome da stanchezza (2).
Ora ci concentreremo sugli aspetti più psicologici della questione, introducendo il concetto di stress e differenziandolo dalla sindrome da Burnout, approfondendo le reazioni individuali allo stress e anticipando alcuni concetti che verranno approfonditi nei prossimi interventi.
Nel contesto sanitario contemporaneo, la qualità delle cure offerte ai pazienti è strettamente legata al benessere psicofisico degli operatori. Tra i fattori che maggiormente influenzano la salute degli operatori sanitari, lo stress lavorativo e la sindrome da Burnout rappresentano oggi una sfida prioritaria, sia in termini di prevenzione che di gestione. Gli igienisti dentali, professionisti spesso coinvolti in attività ripetitive, a contatto diretto con il dolore, l’ansia del paziente e le pressioni organizzative, non sono esenti da tali rischi.
Stress e Burnout: differenze concettuali
Lo stress, dal punto di vista fisiologico e psicologico, rappresenta una risposta naturale dell’organismo a una richiesta ambientale percepita come impegnativa. La definizione classica di Hans Selye (1936) (3) lo descrive come una “risposta aspecifica dell’organismo a ogni richiesta proveniente dall’ambiente esterno”. Esso non è intrinsecamente negativo: in alcune condizioni può facilitare l’adattamento, promuovere la concentrazione e migliorare le performance (eustress). Tuttavia, quando le richieste eccedono sistematicamente le risorse individuali e l’equilibrio psicofisico viene compromesso, si parla di distress, con conseguenze potenzialmente dannose per la salute (4).
La differenza fondamentale tra stress e Burnout risiede nella cronicità e nel tipo di risposta psicologica. Mentre lo stress può essere acuto o cronico e riguardare molteplici ambiti della vita, il Burnout è una condizione cronica legata esclusivamente all’ambito lavorativo, riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “sindrome occupazionale” (5). In tale quadro, il Burnout rappresenta una risposta disfunzionale e prolungata allo stress lavorativo non adeguatamente gestito.
Reazioni individuali allo stress
La risposta individuale agli stimoli stressanti dipende da diversi fattori: ↓ ↓ ↓

Questi elementi sono particolarmente rilevanti in ambito odontoiatrico, dove l’interazione costante con il paziente, le tempistiche serrate e la pressione per la precisione tecnica creano un terreno fertile per l’instaurarsi di una tensione cronica.
Stress lavorativo: una definizione operativa
Lo stress lavoro-correlato è definito come una condizione in cui l’individuo percepisce le richieste ambientali del proprio contesto professionale come eccessive rispetto alle risorse disponibili, con una conseguente minaccia al proprio equilibrio psicofisico (6). Tale percezione, soggettiva ma influenzata anche da fattori organizzativi, è alla base dell’insorgenza di disagio emotivo e, se persistente, dell’instaurarsi del Burnout.
Selye, già nel 1950, aveva concettualizzato la Sindrome Generale di Adattamento (SGA), un modello a tre fasi che descrive l’evoluzione dello stress nel tempo (7): ↓ ↓ ↓

Queste reazioni coinvolgono sistemi biologici complessi – tra cui il sistema nervoso, immunitario ed endocrino – come evidenziato dalle ricerche nell’ambito della Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (PNEI), sottolineando come la salute mentale sia strettamente intrecciata con quella fisica.
Nel contesto odontoiatrico, gli igienisti dentali affrontano quotidianamente situazioni potenzialmente stressogene: il rapporto diretto con pazienti ansiosi, la necessità di mantenere elevati standard tecnici, la gestione dei tempi e delle attese, il carico emotivo di lavorare in équipe e, talvolta, il senso di scarsa autonomia decisionale. Riconoscere i segnali precoci dello stress e intervenire con strategie individuali e organizzative adeguate è quindi essenziale non solo per la salute del professionista, ma anche per la qualità delle cure fornite.
Comprendere le dinamiche dello stress lavorativo e le differenze con il Burnout rappresenta il primo passo per avviare un processo di prevenzione efficace nelle professioni sanitarie. Per gli igienisti dentali, sviluppare consapevolezza e strumenti per gestire lo stress può significare migliorare la propria qualità di vita e quella dei propri pazienti, promuovendo una cultura del benessere nel contesto odontoiatrico.
Nel prossimo numero per quanto attiene la parte psicologica approfondiremo la Sindrome da Burnout, le sue dimensioni e le fasi che la caratterizzano.
Bibliografia
- S. Sarri, “Integratori in odontoiatria e igiene orale” pag. Ariesdue 2016
- Epub 2008 Nov 18. A randomised, double-blind, placebo-controlled, parallel-group study of the standardised extract shr-5 of the roots of Rhodiola rosea in the treatment of subjects with stress-related fatigue Erik M Olsson, Bo von Schéele, Alexander G Panossian. Affiliations expand PMID: 19016404 DOI: 10.1055/s-0028-1088346
- Selye H. A syndrome produced by diverse nocuous agents. Nature. 1936;138:32.
- Selye H. Stress without distress. Philadelphia: J.B. Lippincott; 1975.
- World Health Organization. Burn-out an “occupational phenomenon”: International Classification of Diseases. Geneva: WHO; 2019. Available from: https://www.who.int/news/item/28-05-2019-burn-out-an-occupational-phenomenon-international-classification-of-diseases
- Lazarus RS, Folkman S: Stress, appraisal, and coping. New York, 1984
- Selye H. The physiology and pathology of exposure to stress. Montreal: Acta Inc.; 1950.









