Spese di soggiorno

Mi sono recata per un convegno in un’altra città, ma per varie problematiche alcune spese di soggiorno (scontrini in alcuni bar per le pause pranzo)
o viaggio (trasferimenti con taxi da e per la stazione) sono documentati solo da scontrino senza indicazione di codice fiscale o partita IVA: ho problemi
a dedurli dai compensi? 

Non entrando nel merito del regime contabile che applica nella determinazione delle imposte dovute, il problema riguarda, in questa circostanza, ogni caso riferito a professionista o a imprenditore quando non hanno come giustificativi di spesa dei documenti che si riferiscano a essi quali esatto usufruitore del servizio.

Si parte dal concetto base che chi effettua la dichiarazione deve essere in grado di dimostrare, in caso di controllo, che effettivamente siano spese riferite all’attività professionale. Così come l’indicazione del proprio codice fiscale/partita IVA di per sé non è sufficiente, di contro, una carenza di tale dato non significa a priori che la spesa non sia stata sostenuta nell’ambito dell’attività professionale.

Difficile includere una casistica valida in ogni situazione, ma nel caso in questione la dimostrazione della partecipazione al convegno (per esempio l’attestato) permettere di dimostare con una certa facilità le spese di vitto o trasporto se coincidenti con le date del convegno e compatibili per importo e fruitori del servizio.

È comprensibile che spesso le spese di modesta entità, anche per ragioni di rapidità o difficoltà di chi eroga la prestazione, non vengano certificate come la normativa fiscale richiedebbe.

Tuttavia quando, con dati evidenti, si riesce a dimostrare l’inerenza delle spese all’attività svolta, è possibile dedurle e, quindi, affrontare con tranquillità l’eventuale scrutinio del Fisco in caso di controllo.