La comunicazione tra sanitari: una sfida possibile

La professione dell’Igienista Dentale sta diventando sempre più autonoma e affermata nel panorama delle professioni sanitarie.

Nata come sottobranca dell’odontoiatria sotto l’egida dell’autorità della professione medica, negli anni sta sviluppando la propria individualità e gradualmente è sempre più specializzata e riconosciuta sia dagli utenti sia dal comparto odontoiatrico.

L’ambito della prevenzione è andato via via affermandosi culturalmente e si incrocia facilmente, e sempre più frequentemente, con altre discipline sanitarie in un’ottica di collaborazione multidisciplinare. All’interno dello stesso studio odontoiatrico, così come per gli stessi colleghi esterni all’azienda di appartenenza, si sviluppa quindi l’esigenza di parlarsi, comunicare, scambiarsi informazioni e comprendersi, al fine di unire sinergicamente le forze a favore del benessere del paziente. È necessario pertanto potenziare la comunicazione tra sanitari.

La comunicazione tra sanitari 

La comunicazione tra sanitari può avvenire in forma scritta e parlata e ha il fondamentale scopo di scambiarsi informazioni circa lo stato di salute o malattia del paziente, ma è doveroso ricordare che ha anche un importantissimo ruolo medico-legale. Pertanto, soprattutto quando si comunica in forma scritta, è bene avere piena padronanza e contezza di ciò che si sta redigendo: scrivere per sé è differente dallo scrivere per gli altri. 

Quando scriviamo per noi stessi, possiamo utilizzare un linguaggio informale, abbreviato, con rimandi specifici a situazioni note, alla stregua di un taccuino appunti. Ciò non è ovviamente possibile quando si tratta di cartelle cliniche, diari sanitari, referti eccetera. Tali documenti necessitano di rigore metodologico sotto il profilo del contenuto, della comprensione linguistica e della forma che deve rispondere a determinati criteri di annotazione. 

Come raggiungere l’obiettivo 

Al netto di queste riflessioni, quando si scrive lo si deve fare nell’ottica di redigere documenti ufficiali sia nel bene dell’utente coinvolto nel processo di cura, sia a tutela di se stessi e del proprio operato professionale. 

L’approccio corretto è scrivere come se la comunicazione dovesse essere inattaccabile. I documenti redatti devono essere privati e personali, o condivisi esclusivamente con la rete di professionisti convolti nella stessa organizzazione per cui il paziente ha espressamente dichiarato il suo consenso. Qualora condivisi con altri professionisti, siano essi in forma di immagine o di relazione scritta, è necessario avere sempre il consenso del paziente o che egli ne sia il tramite. Soprattutto quando si parla di immagini ci si muove su un terreno molto delicato: nell’acquisizione di foto cliniche del paziente si è autorizzati sempre previo consenso, ricordando che l’utente interessato non ne ha esplicitamente approvato la pubblicazione e/o la visione o lo scambio con terzi, seppur a fini professionali, se non attraverso una specifica liberatoria. Quindi, colleghi, attenzione a tutte le foto che si pubblicano sui social network o sul web. La questione principale riguarda la riconoscibilità del volto e si fa dibattuta quando il riconoscimento avviene comunque attraverso segni particolari che interessano porzioni di volto (per esempio bocca e denti) e qualcuno si senta in qualche modo danneggiato.

Comunicare adeguatamente tra sanitari non è solo una necessità, ma un atto professionale a tutela di se stessi, degli utenti e del gruppo di lavoro multidisciplinare. 

Saper comunicare adeguatamente tra sanitari consiste nel registrare dati congrui, corretti e utili, trasmettere informazioni qualora se ne ravvisi la necessità tra colleghi, sempre nel rispetto della normativa vigente.

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Attiene due diversi aspetti, ovvero gli elementi soggettivi e gli elementi oggettivi. I primi riguardano ciò che riporta il paziente nel suo racconto verbale e non verbale, ovvero il riferito in termini di narrazione e come viene espresso. Per esempio: “Il paziente riferisce la comparsa di un fastidio gengivale diffuso, localizzato nell’area del terzo sestante a livello del margine gengivale, presente da circa quattro giorni, che gli rende difficile l’alimentazione. Durante la visita il paziente appare molto agitato ed evidentemente preoccupato, riferisce inoltre che teme di perdere i denti”. Per quanto riguarda gli elementi oggettivi, questi devono essere riportati secondo un approccio descrittivo della situazione clinica e con criteri riconosciuti di individuazione delle variabili fisiologiche riscontrate o alterate (per esempio indici clinici, nomenclatura tassonomica di classificazione riconosciuta, diagnosi chiara e comprensibile nel linguaggio tecnico scientifico, descrizione osservativa della situazione riscontrata. È bene che riporti l’obiettivo della visita con la prestazione eseguita e le modalità attuative, che devono rispondere alle Linee Guida e ai Protocolli Clinici riconosciuti dalla comunità scientifica del settore. Inoltre deve esplicitare il piano terapeutico suggerito e gli obiettivi clinico-terapeutici da perseguire nel rapporto di cura, completo di prescrizioni dettagliate. Il tutto si conclude con l’indicazione di un intervallo di richiamo al successivo appuntamento consigliato e/o all’invio all’attenzione di un altro professionista.

Nel caso di contenzioso medico-legale, per valutare il profilo della responsabilità professionale o per l’accertamento del danno alla persona, si analizza il materiale proprio a partire dalle cartelle cliniche, le quali costituiscono vere e proprie “prove”, con cui argomentare le proprie posizioni, e testimoniano che il professionista si sia attenuto a buone norme e prassi professionali adeguate nell’esecuzione della propria attività, ovvero le Linee Guida e i Protocolli.

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La cartella clinica e il diario di annotazione sono strumenti ufficiali e costituiscono dei veri e propri documenti. Pertanto è bene che siano redatti con chiarezza linguistica, comprensibili e chiari anche sotto il profilo delle parole scelte. Esse devono attenersi esclusivamente a una terminologia scientifica e condivisa, perfettamente riconducibili a ciò che la comunità riconosce a quel termine nel suo significato. Ciò consente tra sanitari “che si parli la stessa lingua” e si evitino fraintendimenti. In merito alla comprensione da parte del paziente, che non possiede gli strumenti tecnici per capire completamente, è bene accompagnare le consegne di eventuali documenti rilasciati con una spiegazione a voce. Nulla toglie che al di sotto delle prescrizioni si possa scrivere al paziente in forma più chiara come si deve comportare, così come è possibile accompagnarle a opuscoli informativi o schede descrittive.

 

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La redazione degli scritti è sottesa a una libera forma, che può abbracciare uno stile più schematico o più narrativo. Qualora fosse esageratamente narrativo e ricco di contenuti assomiglierebbe maggiormente a una relazione. La cosa importante è che sia comprensibile dal punto di vista semantico e ortografico, che sebbene sia per lo più corretto, qualora scritto a mano non deve creare problemi nella lettura. Quindi ricette, prescrizioni e cartelle non devono essere “geroglifici da interpretare”, ma documenti che aiutino i professionisti a comunicare.

 

Bibliografia

1
Gangale M, Ghianda L. Comunicazione emozionale in odontoiatria. Milano: Quintessenza, 2020.
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Moja EA, Poletti P. Ministero della Salute. Direzione Generale Delle Programmazione Sanitaria Ufficio III. Comunicazione e performance professionale: metodi e strumenti. II Modulo: La comunicazione medico-paziente e tra operatori sanitari. Aprile 2016.
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Fondazione Zoè. La comunicazione della Salute. Un manuale. Milano: Raffaello Cortina Editore; 2013.