Raccontare la professione per costruire e connettere

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“Narrare”dal latino gnarus (esperto) e narro (racconto) significa propriamente “mettere a conoscenza”. Senza la capacità di narrare non riusciremmo a vivere dentro noi stessi, la vita diventerebbe un caos… per ordinare e capire chi siamo dobbiamo raccontarci…” (Tabucchi). La narrazione è la capacità del pensiero attraverso la quale si interpreta e si comprende la realtà, il proprio modo di agire e se stessi. Essa rappresenta uno strumento di costruzione identitaria: raccontando la nostra storia e quella degli altri partecipiamo a un processo di crescita e di mantenimento del nostro e dell’altro Sé. Lo scopo della narrazione è quello di dare un senso alle cose, dare forma ai fenomeni e agli eventi, di consentire al soggetto di “prendere la parola”, di esercitare un diritto/dovere, di acquisire visibilità e potere e quindi di esercitare capacità decisionale che è alla base della competenza.

Narrando possiamo produrre identità che ci collega agli altri, ci permette di riandare selettivamente al passato, mentre ci prepariamo per la possibilità di un futuro immaginato

Bruner

 

Che cosa è la competenza? È la capacità di esprimersi, di giudicare autorevolmente su una determinata disciplina, di saper fare bene qualcosa. La costruzione della nostra identità professionale come igienisti dentali è raccontata attraverso la storia del percorso formativo della nostra professione nel quale si è assistito, nel corso del tempo alle conquiste sul piano legislativo definendo proprio quelle competenze, l’empowerment, che permettono alla figura di acquisire “autonomia professionale”. In un periodo dove questa autonomia viene messa in discussione a causa di una cecità culturale piuttosto che legislativa, è importante “il racconto” del nostro lavoro. Tale racconto non si estrinseca nella mera esecuzione di una pur perfetta “ablazione del tartaro”, ma prevede, a monte, la formulazione di un processo preventodontico, la capacità di un ragionamento clinico e narrativo indispensabili per la costruzione di un patto terapeutico con il paziente che deve condividere con l’operatore il perché di determinati comportamenti necessari al suo benessere. Un processo, quindi, che richiede la messa in campo di fattori che richiamano la capacità di saper mobilitare le risorse, i punti di forza di ogni paziente per ampliare la motivazione, la fiducia in se stessi e raggiungere gli obiettivi prefissati. Non comprendere questo processo significa non riconoscere l’identità professionale e personale del professionista.

Una professionalità sanitaria è il frutto di un insieme di valori, comportamenti e relazioni che sostengono la fiducia dei cittadini verso la sanità. In un’epoca dominata dal malessere sociale, dove l’incertezza sul divenire è diventata promotrice di paure e di esiti individualistici, è indispensabile recuperare la dimensione dell’identità umana attraverso la storia, l’immaginazione, la memoria e, soprattutto, attraverso l’esercizio della libertà. L’autonomia professionale, sancita dalla legge 251 del 2000, è l’espressione della libertà che deve essere intesa come processo di sviluppo non solo in termini di capacità decisionali, ma soprattutto come riconoscimento del potenziale umano delle persone. Essa con le altre professioni può realizzarsi attraverso: l’attività di equipe, la collaborazione, il coordinamento, l’attività individuale, senza la presenza fisica di un supervisore.

Raccogliamo insieme questa sfida per un futuro migliore, diventiamo promotori di una cultura aperta verso professionisti capaci di esercitare un’etica della responsabilità.
Raccontiamoci per far apprendere chi siamo e per connetterci.

Senza rischiare, non trovi bellezza, niente musica. Ed è quello il momento in cui le persone cominciano ad annoiarsi

Ezio Bosso