Litighiamo per sempre? Come superare un conflitto sul lavoro

Competition at work between a man and a woman. Art collage.

Negli scorsi articoli ci siamo occupati di come sopravvivere agli ambienti tossici, di come entrare in relazione con assertività evitando lo scontro, ma non ci siamo mai occupati di come recuperare e rilanciare la relazione a seguito di un conflitto. Il confronto tra persone è normale in un rapporto, e in una vita lavorativa è fisiologico, prima o poi, arrivare a una discussione. Le incomprensioni e i conflitti possono trovare anche epiloghi positivi che danno addirittura l’opportunità di rafforzare la relazione. Quando il confronto, invece, si fa acceso, ci sono alcuni comportamenti che è importante evitare. Il confronto può essere definito in due modi: pacifico o agitato. 

Nella prima accezione le persone affrontano i problemi con proattività, nell’ottica di uno scambio di punti di vista naturale tra colleghi. I toni sono pacati, non si alza la voce, ci si rispetta reciprocamente. Dal momento che l’intenzione è del tutto positiva in un confronto pacifico, questo risulta la modalità ideale di affrontare una divergenza di punti di vista. Il confronto agitato, invece, si pone diametralmente all’opposto del precedente. In questa modalità trovano spazio rabbia, velleità, delusione e amarezza. I toni si fanno accesi, la voce si alza, molto probabilmente non si rispettano i turni di parola ed è facile scivolare nella maleducazione. Può essere che l’intenzione iniziale fosse positiva e di affrontare un confronto in modo pacifico, ma il tentativo di far prevalere la propria opinione o il bisogno di autoaffermazione hanno prevaricato.

Cosa non fare dopo un litigio

Indipendentemente dalla modalità del conflitto, questo porrà inevitabilmente le sue conseguenze. Seguiranno momenti di riflessione, di distanza, di freddezza e di silenzio, come naturalmente vuole un confronto. L’entità del disagio sarà direttamente proporzionale al livello di acutezza della discussione stessa. Tra le dinamiche che si vanno a creare dopo lo scontro, sicuramente se ne possono individuare alcune che risultano sconsigliabili. 

1.
Non chiudere i ponti

Troncare in modo definitivo i rapporti, le relazioni con qualcuno, in modo da non lasciare alcuna possibilità di cambiare idea e tornare sulle decisioni prese o di provare una eventuale rappacificazione, significa al contempo non darsi la possibilità di vivere bene. Anche se inizialmente parrebbe che alberghi l’indifferenza, a nessuno piace litigare, ma soprattutto a nessuno piace non essere riconosciuto. Alzare i muri rappresenta la reazione più istintiva, ma che non serve a nessuna delle parti. Inoltre il clima creato, si caratterizza da disarmonia e sensazione di peso anche per gli altri membri del team, innescando dinamiche che hanno effetti sia livello professionale che personale. Spesso infatti si creano dei veri e propri “schieramenti” e qualora non capitasse, magari ci si aspetta che succeda, come a dimostrare una sorta di patto di lealtà. Se lo scambio di battute ha dato spazio anche a insulti o parole poco piacevoli, si può far presente che ci vorrà tempo per sbollire e trovare il giusto equilibrio emotivo per poter ristabilire il rapporto.

2.
Non rinfacciare le parole usate

Continuare a ribadire concetti già espressi non ha senso. Le posizioni nelle discussioni sono già chiare, la modalità forse è discutibile, ma tornare sulle parole utilizzate non porta ad alcuna soluzione. La teoria della comunicazione vuole che il verbale soccombe al verbale, quindi le parole non contino troppo in una discussione, quanto più i gesti, i modi e l’atteggiamento. Tuttavia in una società odierna dove si comunica anche tanto attraverso canali digitali, le parole assumono un peso diverso, facendo nascere i cosiddetti “verbal warriors”. 

3.
Scusarsi e non cercare scuse

Scusarsi nonostante si ipotizzi di dover affermare la propria posizione, significa chiarire l’intenzione. L’intenzione quando è positiva favorisce il confronto pacifico, ovvero esposizione del proprio punto di vista senza squalificare quello altrui. Cercare scuse significa alimentare lo scontro, non rivedere genuinamente l’intenzione pacifica e rimandare il problema vero che non viene risolto. Quante volte abbiamo provato a dare una giustificazione ai litigi? Il mal di testa, la giornata storta, lo stress. Le discussioni nascono perché si comunica semplicemente male e non per altri motivi.

4.
Riformulare all’infinito

Dire “non intendevo quello”, “mi hai frainteso”, “hai capito male” sono accuse. Costituiscono un modo alternativo per dire “tu non mi hai capito”. Invece, assumersi la propria responsabilità al 50% del successo di una relazione, parte dal . Significa assumere una posizione diversa che ripropone il concetto in questo modo: “mi sono spiegato male”, “mi sono espresso in modo fraintendibile”. Ammesso anche che si riparta da , senza scuse per le modalità, l’azione è fallimentare. Fare l’altalena sulle parole, cercare un modo per sentirsi meno responsabili di ciò che è stato detto, è uno degli atti più subdoli che ci possano essere: probabilmente non si intendeva quello, ma è ciò che è stato espresso. Talvolta la rabbia porta ad agire di impulso e a esprimersi negativamente. Siamo esseri umani, non ci degradiamo a seguito delle scuse, anzi si dimostra la forza e il coraggio di rivedere se stessi e accettare che … ragionare prima di parlare non guasta!  Un celebre aforisma recita: “in genere la gente litiga perché non sa discutere” (G.K. Chesterton).

Concludendo, il confronto ha sempre una connotazione positiva, perché porta le parti a scambiarsi punti di vista nel desiderio di costruire qualcosa; è la discussione e lo scontro a essere lesivo, inconcludente e deleterio. Discutere in modo sano e rilanciarsi dopo un litigio permette di crescere insieme, superare le difficoltà per un bene comune e rafforzarsi come persone e colleghi.